È un disegno di legge che divide l’attuale maggioranza in Italia, e che ha suscitato prese di posizione clamorose, come quella di Fedez durante il concerto del primo maggio, ma anche levate di scudi per bloccarne l’approvazione.
Il disegno di legge sull’omotransfobia, che prende il nome dal deputato del Pd e attivista LGBT che l'ha presentato, Alessandro Zan, prevede una serie di aggravanti specifiche per i crimini d'odio e discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili, e ha diviso la politica italiana fra chi sostiene che ci voglia una normativa a difesa di queste categorie, e chi invece la interpreta come una limitazione della libertà di espressione.
Fra le altre cose il testo introduce i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, e rafforza le pene per altri reati di carattere discriminatorio. Quello che ha scatenato la reazione del centro destra e di parte del mondo cattolico è però l’articolo 4, dedicato alla salvaguardia della libertà di opinione e di scelta, che pone il principio secondo cui la libertà di espressione non deve mai sconfinare nell’istigazione all’odio e alla violenza. I sostenitori della legge ricordano che la punibilità scatterà quando ci sarà un “concreto pericolo di atti discriminatori o violenti” e che le semplici opinioni non vengono minimamente limitate, ma dall’altra parte si lamenta la violazione dall'articolo 21 della Costituzione italiana, che sancisce la libertà di espressione, e si ricorda che ci sono già norme che puniscono le aggressioni basate sulla discriminazione. Il centro sinistra però ricorda che sono anche gli insulti, i commenti sprezzanti o le minacce, oltre alle aggressioni fisiche, a limitare la libertà dei destinatari degli attacchi.
Un altro punto critico riguarda poi la definizione di identità di genere, che per il testo, è quella “percepita e manifestata di sé, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Un punto che per i critici minerebbe la distinzione fra uomo e donna con un impatto anche sull’idea di famiglia tradizionale. Fra l’altro si tratta di un passaggio contestato anche da alcuni movimenti femministi, che temono un allargamento anche ad altri di tutele, norme e istituti finora riservati alle donne.
La battaglia però, più che con un dibattito politico e parlamentare sui contenuti, si combatte da mesi a suon di rinvii e regolamenti con cui forze come Lega, Fratelli D’Italia e cattolici radicali cercano di evitare l’approvazione. Il testo è già stato approvato lo scorso anno alla Camera ma si è arenato al Senato, per l’ostruzionismo della Lega e in particolare per l’opposizione del presidente della commissione Giustizia, il senatore Andrea Ostellari.
In questo senso andava anche la proposta di legge alternativa depositata da alcuni senatori contrari al Ddl Zan, ma interni alla maggioranza, che non prevedeva la discriminazione per genere e identità di genere, e derubricava "l’aver agito in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità" ad aggravante comune.
Un testo definito dallo stesso Zan “un vergognoso insulto ai diritti in pieno stile sovranista”, e che è stato respinto in commissione, nonostante l’appoggio della Lega e di parte di Forza Italia, oltre che di Fratelli d’Italia. In aula andrà solo il testo Zan, ma la strada è ancora lunga: una modifica rimanderebbe il testo alla Camera, e le divisioni nella maggioranza potrebbero determinare nuovi rinvii per non far ricadere le tensioni sul governo.
Alessandro Martegani