La strada è ancora lunga ma l’incontro fra Luigi Gubitosi e Fabrizio Palermo, amministratori delegati di Tim e Cassa depositi e prestiti, è il primo passo concreto verso la costruzione di una rete di telecomunicazioni unica in Italia.
La penisola è storicamente molto indietro nello sviluppo della rete, le nuove tecnologie come la fibra ottica coprono solo il 12 per cento della popolazione, e da tempo si è fatta strada l’idea che sia necessario un unico gestore per sviluppare adeguatamente un settore rivelatosi ancor più fondamentale dall’esplosione della pandemia.
Proprio per l’importanza strategica dello sviluppo della rete lo Stato, seguendo una tendenza ormai consolidata negli ultimi anni, ha deciso di mantenere il controllo sulla società di gestione, e l’accordo fra Tim, operatore storico delle telecomunicazioni in Italia e la Cassa depositi e prestiti, che controlla Open Fiber, operatore nel mercato italiano di infrastrutture di rete, va in questa direzione.
Nei prossimi giorni i due soggetti dovrebbero approfondire l’ipotesi di un accordo che dovrebbe essere presentato al Consiglio di amministrazione di Tim di lunedì. Fra le ipotesi lo scorporo della nuova società Fibercop, per gestire la rete secondaria in rame con l’ingresso del fondo americano Kkr e di Fastweb, e la creazione di una società per la rete unica nella quale Tim potrebbe mantenere il 50,1 per cento, ma gestita da un soggetto terzo.
Una struttura che, pur mantenendo un controllo da parte dello Stato, permetterebbe di superare i rilievi antitrust in Europa e di accedere ai fondi pubblici, come quelli del “recovery fund”.
L’operazione viene però tenuta sotto stretto controllo anche da parte dei sindacati, che sono prudenti su un ingresso preponderante di capitali pubblici, e hanno chiesto al premier Giuseppe Conte un tavolo di confronto su un settore che, hanno sottolineato, “potrebbe candidarsi a essere volano di sviluppo ed occupazione” nel paese.
Alessandro Martegani
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