La Lega rimane, in molte aree in cui si è votato, il primo partito, ha conquistato con un plebiscito il Veneto e aumentato i consensi in Toscana, in totale i consiglieri regionali del Carroccio sono passati da 46 a 70, ma la tornata elettorale in Italia non viene interpretata come un successo per la Lega, e in particolare per Matteo Salvini.
I tempi in cui il “Capitano” veniva indicato come l’uomo da battere sembrano già lontani: nonostante il suo impegno in prima persona in Toscana, Susanna Ceccardi non è riuscita a strappare la regione al centro sinistra, e anche nel partito c’è chi ricorda che rispetto alle europee la Lega ha perso il 10 per cento.
Proprio l’unico successo limpido della Lega, la vittoria strabordante di Luca Zaia in Veneto, rappresenta il punto potenzialmente più pericoloso per il leader della Lega: il 76 per cento ottenuto dal governatore è un successo personale, la sua lista a preso il triplo dei voti della Lega, e c’è già chi indica Zaia come possibile successore alla guida del partito e candidato premier alle prossime politiche, nonostante le smentite del diretto interessato, che però non sembra voler fare sconti al leader. I due non si sarebbero nemmeno sentiti dopo il successo in Veneto, e Zaia si prepara ad escludere dai centri di potere in regione tutti i salviniani, rinunciando perfino al suo uomo di fiducia, Roberto Marcato, assessore uscente e campione di preferenze, per evitare che le sue dimissioni da consigliere consentano di far entrare il salviniano Giuseppe Pan. Non una dichiarazione di guerra, ma nemmeno una mano tesa da parte del governatore, che dopo il voto ha anche sottolineato di essere uno che agisce senza fare comizi: un riferimento che va dritto al Capitano.
Anche altri esponenti storici del partito ormai ammettono che il dialogo sulla successione, anche se non nell’immediato è partito: Salvini non ha più l’aura dell’invincibilità, e nell’ultimo anno, dalla decisione di far saltare il governo con i 5 Stelle senza poi riuscire ad andare a elezioni, passando dalla sconfitta in Emilia Romagna, dalle polemiche per la gestione dell’emergenza Covid in Lombardia da parte del fidato Attilio Fontana, per arrivare a oggi, non riesce più a incidere, subendo anche la crescita di Fratelli d’Italia.
Anche in questo caso ufficialmente i rapporti con Giorgia Meloni sono sereni, ma Salvini ha criticato la scelta del candidato in Puglia, e sulla Lega sono piovute nemmeno troppo velate accuse di boicottaggio. La leader di Fratelli d’Italia ha strappato con un suo candidato le Marche al centro sinistra dopo 25 anni, non manca di ricordare che il suo partito è l’unico che cresce nel centro destra e che non si è mai alleato con i 5 Stelle, ponendo anche il tema dei rapporti di forza nella coalizione.
Tutto questo, unito al rafforzamento del governo, che si prepara a varare rapidamente riforme istituzionali e legge elettorale, rischia di mettere ancora più in difficoltà il leader della Lega. È presto per parlare di tramonto, ma a Salvini sembrano non bastare più i social e le iniziative ad effetto per recuperare l’immagine di vincente che sembra averlo abbandonato.
Alessandro Martegani