In Italia la tregua alle polemiche e agli scontri, politici e all’interno della società civile, è già alle spalle. La necessità di presentare un paese unito per combattere la più grave emergenza nazionale dal dopoguerra, sul fronte sanitario ma anche economico, aveva fatto sparire per qualche settimana scontri e critiche al governo dai giornali, ma da 48 ore la situazione è cambiata.
Le opposizioni sono tornate a farsi sentire, i sindacati hanno organizzato scioperi e minacciano serrate, e su Giuseppe Conte e il governo sono piovute critiche sia per il mezzo utilizzato per i provvedimenti per combattere l’epidemia, il decreto della presidenza del Consiglio, che di fatto ha estromesso il Parlamento, sia per la scelta di comunicare via Facebook, e di non dar spazio al confronto con la stampa.
Il primo contrasto, a dire la verità era sorto nei primi giorni dell’emergenza, era stato quello con le regioni, che in questa settimana hanno messo in atto più di una fuga in avanti, costringendo Conte a emanare nuovi provvedimenti, probabilmente non con i tempi voluti dal governo.
Una polemica che continua, in particolare con la Lombardia, regione che sta combattendo più di altre l’epidemia. Il caso vuole che le regioni più colpite, con l’eccezione dell’Emilia Romagna, siano anche governate dalla Lega o dal centro destra, schieramento che sta gradatamente riprendendo la scena politica chiedendo di essere maggiormente coinvolto nelle decisioni.
Nell’incontro con Conte, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, hanno chiesto più soldi subito per le partite Iva, per gli autonomi, e per i lavoratori in cassa integrazione, soldi che al momento non ci sono. Il centro destra ha poi escluso di poter appoggiare un ricorso al fondo salvastati, temendo un controllo da parte di Bruxelles.
Da sinistra invece giungono accuse di scarso rispetto della Costituzione, e di aver limitato i diritti dei cittadini per decreto, senza aver consultato il Parlamento, a cui il governo riferirà nel pomeriggio.
E Conte è stato aspramente criticato, anche dallo stesso Matteo Renzi, per aver affidato a Facebook l’annuncio del decreto con le nuove misure, un fatto che sulla rete ha provocato un’infinita serie di reazioni più o meno ironiche.
Va un po’ meglio sul fronte sindacale: il governo ha raggiunto un accordo con i sindacati che chiedevano maggiori garanzie per i lavoratori, ma sta cercando di scongiurare lo sciopero dei benzinai, che hanno affermato “di non essere più nelle condizioni di assicurare il necessario livello di sicurezza sanitaria né la sostenibilità economica del servizio”.
Dall’altra parte gli industriali lamentano scarsa chiarezza nei programmi e nei provvedimenti da parte del governo e chiedono maggiore libertà nel proseguire l’attività.
Lo spirito polemico del paese, dopo due settimane di grande sonno, sembra dunque essersi risvegliato, anche a livello locale: a Trieste c’è anche chi ha criticato la decisione di proiettare la bandiera italiana sul municipio, un‘iniziativa peraltro avviata in centinaia di comuni. In questi giorni ci si chiede se, una volta usciti dall’emergenza, il paese sarà diverso, se cambieranno la politica o il suo linguaggio: a giudicare dagli ultimi due giorni, si profila un ritorno al passato.
Alessandro Martegani