Sembra sempre più in salita la nuova "Via della seta": dopo la decisa posizione degli Stato Uniti, che ha chiesto all'Italia di non aderire alla Belt and Road Initiative, l'accordo con Pechino, che intende sbarcare in Europa passando anche dal porto di Trieste, anche l'Unione europea ha avanzato delle perplessità.
Nella comunicazione che la Commissione ha consegnato al Consiglio e al Parlamento europei, la Cina, che ha nell'Unione europea il suo primo partner commerciale, è definita un «avversario sistemico che ha modelli di governante diversi» da quelli comunemente accettati in sede internazionale, che rendono necessario per l'Europa «difendere i propri principi e valori».
Se dunque le riserve americane sono basate su fattori principalmente economici, e sulla necessità di non offrire a Pechino un'alternativa a un accordo con Washington, per l'Europa i problemi sono di carattere sociale: Bruxelles teme la crescita del potere cinese, e il non rispetto dei diritti dei lavoratori e del diritto internazionale.
Secondo lo studio un'apertura alla Cina senza le opportune contromisure rischia di compromettere «la prosperità, il modello sociale e i valori comuni nel lungo periodo».
I timori sono legati ad esempio al rispetto delle normative sull'ambiente (la Cina continua a costuire impianti ad alto impatto di emissioni in altri paesi, e rimane il primo produttore di C02), alla tendenza a rilevare imprese e marchi e a esportare in Cina la tecnologia, ai differenti standard aziendali e sindacali, all'incompatibilità dei sistemi finanziari.
Tutto questo, unito alle pressioni americane, rischia di interrompere l'avvicinamento fra Roma e Pechino, visto che da Bruxelles hanno fatto capire chiaramente che un eventuale accordo deve essere fatto da tutti i paesi membri, senza fughe in avanti.
Gli ultimi sviluppi vengono seguiti con preoccupazione anche a Trieste, dove il porto guarda con molto interesse all'arrivo degli operatori cinesi che potrebbero dare ulteriore slancio ai traffici dello scalo, e lo stesso presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino ha chiesto di fare chiarezza sui contenuti dell'accordo che dovrebbe essere siglato fra Roma e Pechino.
Dal governo italiano giungono però inviti alla calma: tutte le polemiche, ha detto il ministro dell'economia Giovanni Tria rispondendo ai giornalisti al suo arrivo alla riunione dell'Ecofin a Bruxelles, sono "una tempesta in un bicchier d'acqua". "Si sta facendo credo una gran confusione: - ha aggiunto - quello fra Italia e Cina sarà un memorandum of understanding che ribadisce solo principi di collaborazione e di cooperazione economica e commerciale, che sono presenti in tutti i documenti europei. Nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata".
"La Belt and Road è un'iniziativa partita nel 2013 - ha aggiunto - una grande visione di cooperazione economica e di connessione attraverso infrastrutture fra l'Europa e l'Asia. Di per sé è chiaro che è una visione positiva, poi ognuno interpreta come vuole".
La questione, a dieci giorni dalla visita in Italia del presidente cinese, Xi Jinping, divide però anche la maggioranza di governo: il vicepremier e leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio è favorevole all'accordo fra Roma e Pechino, ma Matteo Salvini ha frenato, dicendosi disponibile ad aiutare le imprese italiane e a investire all’estero, ma non alla "colonizzazione dell’Italia da parte di potenze straniere".
Alessandro Martegani