Nata come un’opportunità di sviluppo, la Via della seta, o più precisamente la “Belt and Road iniziative”, è diventata un terreno di scontro diplomatico e anche politico in Italia.
Nonstante le grandi opportunità di sviluppo che un arrivo dei cinesi potrebbe offrire a infrastrutture come il porto di Trieste e in generale all’Italia, i timori non mancano, e alle riserve interne, mai esplicitate fino a poche settimane fa, si sono aggiunte le pressioni internazionali, a una settimana dall’arrivo in Italia del presidente cinese Xi Jinping, che dovrebbe fra l’altro siglare il memorandum Italia Cina.
I contenuti sono stati resti noti per la prima volta, e prevedono una collaborazione su vari aspetti, come infrastrutture, energia, green economy, trasporti, ma anche telecomunicazioni, il settore che più preoccupa gli Stati Uniti. Lo sviluppo del 5G da parte delle imprese cinesi metterebbe a rischio il trattamento dei dati sensibili, ma più in generale Washington non vuole che i propri alleati si avvicinino a quello che è ormai a tutti gli effetti un avversario in una guerra commerciale e finanziaria.
Tutto questo, unito alla posizione di Bruxelles, che ha richiamato indirettamente l’Italia a muoversi in accordo gli altri paesi membri, ha provocato contraccolpi anche nella maggioranza, nonostante le rassicurazioni del premier Conte, che ha ricordato come “il testo, negoziato per molti mesi con la Cina, imposti la collaborazione in modo equilibrato e mutualmente vantaggioso”.
Si tratta di una partita che per ora dovrebbe essere giocata soprattutto in ambito europeo, come afferma Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e ambasciatore con la Cina per il Friuli Venezia Giulia dell’Istituto per la Cultura Cinese.
La via della seta sembra sempre più in salita: c’è l'opposizione degli Stati Uniti, ci sono le riserve dell’Unione europea, e anche il governo sembra diviso. Il progetto secondo lei è in pericolo?
“Non credo proprio: credo sia una grande opportunità per i nostri territori, e non è un caso se di Trieste, di Friuli Venezia Giulia e di quest'area complessivamente parla anche il Financial Times. Ci sono grandi spostamenti di traffici che devono passare per l'Italia. Il tema è come attrezzarsi, non averne paura, ma anche non farsi prendere di sorpresa. Io credo che la sfida vera sia giocare la nostra partita una volta di più dentro la cornice dell'Unione Europea, che è esattamente quello che sta facendo il porto di Trieste con Zeno D’Agostino.”
“Anche le notizie di oggi ci confermano che gli accordi che porteranno con ogni probabilità degli investimenti cinesi rilevanti su questo territorio in termini d’infrastrutture, sono gestiti all'interno della contrattazione che l'Unione Europea sta portando avanti con la Cina ormai da qualche anno. È questo il tema importante, perché garantisce regole certe sul mercato del lavoro, nessuna invasione, ma anche l’occasione di cogliere delle opportunità che fanno uscire il territorio da questo periodo d’immobilismo durato troppo a lungo”.
Le divisioni, che ci sono attualmente all'interno del governo, possono incidere sulle trattative, oppure si tratta di un percorso partito da lontano che va avanti anche senza l’appoggio dell’esecutivo?
“Io temo che il dibattito all’interno del Governo sia figlio del fatto che anche su questo tema l’esecutivo non sia all’altezza delle sfide: spesso non sanno di cosa parlano, improvvisano, ed è chiaro che quando ti muovi all’interno di un grande scontro commerciale che è in atto, è inutile negarlo, fra Stati Uniti e Cina, bisogna muoversi con grande accortezza.”
“Noi non possiamo uscire dagli accordi, dallo scenario, e dalle alleanze storiche che ci tengono vicini agli Stati Uniti, ma, così come hanno fatto altri paesi, il porto di Rotterdam ad esempio da anni fa affari con i cinesi, penso che anche i nostri porti abbiano la possibilità di fare lo stesso.”
“Bisogna fare attenzione a non fare confusione: un lato ci sono dei pericoli oggettivi, penso alle telecomunicazioni che sono un settore molto sensibile, come sappiamo entrare nella telefonia significa alla lunga entrare anche in quei processi che portano allo spionaggio. Dall’altro però ci sono le infrastrutture: se qualcuno vuole investire sul nostro territorio, portare risorse, è il benvenuto. Nessuno può portarci via i porti, è una battuta scherzosa ma il dato è quello”.
“Ben vengano dunque i cinesi, così come Trieste ha accolto negli ultimi anni austriaci, tedeschi, recentemente gli ungheresi, o i turchi storicamente. Abbiamo le spalle abbastanza grosse per poter gestire la partita con grande attenzione, ma sfruttandone le opportunità”.
Alessandro Martegani