28 mila abitanti, la presenza di uno dei più grandi cantieri navali del paese, la quinta o forse quarta economia del Friuli Venezia Giulia e una presenza di immigrati che rasenta il 22 per cento della popolazione.
E' questa la situazione di Monfalcone, città considerata fino a pochi anni fa una roccaforte della sinistra grazie al voto operaio, ma passata nel giro di pochi mesi dalla delusione verso l'amministrazione di centro sinistra a un travaso di voti verso il centro destra.
Dal novembre del 2016 la città è infatti guidata da una giunta di centro destra e da una sindaco della Lega Nord, Anna Maria Cisint, che ha vinto la campagna elettorale contro l'avversaria del Pd facendo leva proprio sulla presenza d'immigrati e in particolare della comunità bengalese nella città dei cantieri.
La presenza è evidente: attorno allo stabilimento della Fincantieri si notano le lunghe file di biciclette, spesso l'unico mezzo di trasporto degli immigrati che dal Bangladesh giungono fino a Monfalcone per lavorare alla costruzione delle navi. In città, anche nelle zone centrali, si moltiplicano i negozi etninci o comunque gestiti da immigrati. Alla fine del turno, alle 16.00, migliaia di biciclette lasciano i cantieri, e le strade si popolano di cittadini bengalesi, spesso ancora con gli abiti da lavoro , che si raccolgono per passare qualche ora con i connazionali nelle piazze o di fronte ai locali.
Una presenza che per la Giunta Cisint rappresenta un problema, in primo luogo per l'ìdentità della città: "I monfalconesi stavano fuggendo da Monfalcone - dice la sindaco Anna Maria Cisint - e noi abbiamo il compito di riportare la situazione alla normalità. Non esiste integrazione con questi numeri."
Su questa linea sono nati i provvedimenti che hanno portato la città in primo piano a livello nazionale e al centro delle critiche delle organizzazioni che si occupano di sostegno ai migranti e dei partiti di centro sinistra. La più nota è il tetto di presenze di bambini immigrati nelle scuole d'infanzia, non più del 45 per cento, ma anche la decisione di levare delle panchine nei punti di ritrovo, l'opposizione alla costruzione di un moschea, le leggi sulla sicurezza che impediscono alle donne velate di entrare negli uffici pubblici, fino alla decisione di non dare più la disponibilità di un campo dove la comunità bengalese giocava a Cricket, uno degli sport più popolari nel paese di origine.
Le accuse d'intolleranza e razzismo vengono però rispedite al mittente dall'amministrazione, che ricorda il dovere per tutti di rispettare le leggi, ma di fatto il dialogo fra amministrazione comunale e le organizzazioni degli immigrati è sempre più difficile.
Il progetto di mettere a disposizione dei mezzi per trasportare i bambini in altre scuole materne deve ancora essere realizzato, e di fatto nessuna mamma bengalese lascerebbe andare il figlio di tre anni in un altro comune, senza la concreta possibilità di raggiungerlo in caso di problemi, visto che quasi nessuno possiede una macchina. Problemi inoltre sarebbero stati registrati anche per qualche iscrizione alle scuole dell'obbligo, anche se dopo l'intervento delle associazioni che si occupano degli immigrati sarebbero stati superati.
La comunità Bengalese si sente di fatto accerchiata, anche per i ripetuti riferimenti alla religione islamica, che per l'amministrazione comunale sarebbe un possibile ostacolo all'integrazione e al rispetto dei diritti delle donne.
"Il servizio promesso per le scuole al momento è solo un progetto - dice Mara Grani, vicepresidente dell'Associazione integriamoci a Monfalcone - e decine di bambini sono rimasti a casa. Chiedono alle famiglie una maggiore integrazione, ma poi non consentono ai bambini di andare a scuola e d'imparare la lingua. La volontà d'integrarsi c'è, ai nostri corsi d'Italiano le presenze di donne sono in aumento, molti hanno una casa di proprietà, un'attività, il mutuo, ma non vengono percepiti dall'amministrazione come cittadini di Monfalcone, con un atteggiamento di fatto discriminatorio."
E di discriminazione, o perlomeno di disagio verso l'atteggiamento della giunta parla anche Sani Buhyian, bengalese, da più di 10 anni in Italia: "L'integrazione non si fa rinunciando alla cultura d'origine, ma con il dialogo e la condivisione. A Monfalcone la maggior parte dei Bengalesi sono regolari, venuti qui per lavorare, tutti desiderosi di rispettare le regole, e la diffidenza verso di noi è incomprensibile e ingiusta".
I bengalesi non sono però l'unica comunità d'immigrati presente in città: a Monfalcone sono giunti anche immigrati dal nord Africa ma il secondo gruppo più numeroso è quello dei cittadini romeni. Mille cittadini comunitari, che non offrono il fianco a riserve religiose, ma comunque parte della questione immigrazione in città. Per loro , secondo i critici del sindaco Cisint, sarebbe stato ispirato il provvedimento che imponeva ai negozi di vendere birra a temperatura ambiente, nel tentativo di ridurne il consumo nei locali attorno ai cantieri, un atto peraltro contestato dagli stessi esercenti locali che vivono anche vedendo cibo e bevande agli operai per le pause pranzo.
Nonostante tutto però la comunità romena non contesta la nuova giunta: la compatibilità linguistica fra italiano e romeno, e la tendenza a stabilirsi permanentemente in Italia, favorirebbero una spinta a una maggiore e più rapida integrazione come racconta Don Valentino, punto di riferimento della comunità romena in città: "Il rapporto con l'amministrazione è buono .- dice - e non contestiamo ciò che stanno facendo. Nella stragrande maggioranza chi viene qui dalla Romania vuole imparare rapidamente la lingua, tanto da parlare in italiano anche in casa con i bambini."
In generale però la questione immigrazione a Monfalcone continua a generare tensioni, tanto da far sentire la comunità bengalese e islamica sempre più isolata, un processo che potrebbe anche favorire quella radicalizzazione che la giunta dice di voler allontanare dalla città.
Sullo sfondo rimangono poi i rapporti fra la città e il motore economico di Monfalcone, la Fincantieri, chiamata dalla giunta a un'assunzione di responsabilità e a contribuire, anche finanziariamente a gestire un problema innescato dalla presenza dei cantieri, dove lavorano migliaia di immigrati.
Alessandro Martegani