Una ragnatela di cui gli apparati si sono serviti, sfruttando le persone più vicine a Giulio Regeni al Cairo, tra cui il coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e l'amica che lo aiutava nelle traduzioni. Ad affermarlo è il pm Sergio Colaiocco che, insieme al procuratore Michele Prestipino, è stato ascoltato dalla commissione di inchiesta sulla morte del giovane ricercatore friulano.
Un'inchiesta il cui destino è ora solo e soltanto nelle mani delle decisioni di Palazzo Chigi, che deve decidere se e come procedere. Le indagini ed i fatti esposti portano alla conclusione che quello di Regeni fu un sequestro ed un omicidio di stato, poiché è stato concepito e messo in atto da almeno cinque ufficiali della National Security Agency, il Servizio segreto civile del regime egiziano ed inoltre perché sono stati almeno quattro i depistaggi con cui la stessa National Security ha tentato di coprire le proprie responsabilità.
La stessa autopsia presentava elementi discutibili: l'attestazione di "morte per emorragia cerebrale" doveva accreditare un incidente stradale mai avvenuto, come il ritrovamento del cadavere denudato, utile a sostenere il "movente sessuale" oppure la poco credibile testimonianza di un ingegnere egiziano che raccontò di una lite in cui sarebbe stato coinvolto lo stesso Regeni, fino alla messa in scena che voleva addossare ad una banda di rapinatori del Cairo le responsabilità della morte del ricercatore.
Ora con la testimonianza dei procuratori Prestipino e Colaiocco va a cadere definitivamente ogni ulteriore alibi per Parlamento e governo, soprattutto dopo che la cooperazione giudiziaria con la magistratura egiziana si è interrotta a novembre dello scorso anno.
Intanto i famigliari di Giulio Regeni hanno ricordato che attualmente la posta in gioco è "la tutela della vita umana e dei diritti inviolabili e tra questi il diritto dei cittadini ad avere verità e ottenere giustizia, la dignità di persone e governi, sono valori irrinunciabili che devono prevalere su qualsiasi opportunismo politico o personale".
Davide Fifaco