Migliaia di pescherecci italiani sono rimasti ormeggiati in molti porti del paese per protesta contro il significativo aumento del prezzo del carburante. Rimarranno fermi almeno fino alla fine della settimana e fino ad allora sara' difficile riuscire a trovare pesce fresco pescato in Italia sui banchi dei mercati, nei supermercati e nelle cucine dei ristoranti. La decisione di scioperare e' stata presa sabato scorso in un'assemblea avvenuta a Civitanova Marche, in provincia di Macerata, a cui hanno partecipato rappresentanti dei pescatori di tutto il paese. I pescatori non lavorano perche' il prezzo attuale del carburante, altissimo, ha drasticamente ridotto i loro guadagni. Alla fine della scorsa settimana molti armatori non riuscivano a sotenere i costi di rifornimento, e la crescita rapida dei prezzi ha costretto anche i distributori a comperare meno gasolio, dovendo poi razionarlo ai clienti. Fino a poco tempo fa il pieno per una barca di 22 metri costava 12 mila euro, oggi se ne spendono 18 mila e gli aumenti non sembrano fermarsi. Questo vuole dire che l'attivita' di un peschereccio puo' arrivare a costare oltre 2 mila euro al giorno solo per il carburante, a cui vanno aggiunti gli stipendi del personale marittimo, le attrezzature, la manutenzione, le tasse. L'aumento dei prezzi e' stato causato da effetti diretti e indiretti legati alla crisi ucraina oltre al prezzo del Brent, il greggio estratto nel Mare del Nord, che serve da riferimento per la maggior parte dei prezzi mondiali e che negli ultimi giorni e' stato molto vicino al record assoluto di 147,5 dollari al barile che risale al 2008. Si e' tenuto intanto un incontro al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali a cui hanno partecipato le associazioni di categoria dei pescatori con l'obiettivo di convincere il Governo a sostenere i costi energetici del settore con un nuovo decreto.
Franco de Stefani