"La rotta è tracciata, andiamo avanti", sono state queste le parole della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni su Twitter, subito dopo aver incassato la fiducia alla Camera. Il voto è giunto dopo una giornata di dibattito intenso, in cui i gruppi di maggioranza hanno sottolineato soprattutto come il governo di centro destra guidato dalla leader di Fratelli d’Italia sia espressione della volontà popolare e abbia il dovere di governare per cinque anni, mentre le opposizioni hanno messo in luce i problemi nei rapporti con l’Europa e hanno lamentato l’assenza d’indicazioni chiare sulla politica economica e del lavoro, oltre alla contrarietà a una riforma in senso presidenziale.
Nei due interventi della premier però qualche indicazione c’era, a partire dalla volontà di favorire le imprese medie e piccole con temi cari alla lega come la pace fiscale, una lotta all’evasione che punta i grandi gruppi, e la volontà di “non disturbare le imprese”, parole che fanno piacere anche a Confindustria. Anche la riforma istituzionale presidenziale, che sarà portata avanti, ha detto Meloni, con o senza l’appoggio dell’opposizione, è un tema caro alla destra italiana, da Berlusconi a Fratelli d’Italia, e anche in politica economica sono riapparse impostazioni care a primi governi Berlusconi, con la volontà di rivedere il patto di stabilità e di affrontare i rapporti con Bruxelles in modo più critico, l’aver addebitato alla Bce le difficoltà di imprese e cittadini dopo il rialzo di tassi, che però serve a cercare di rallentare l’inflazione, che ha un impatto probabilmente maggiore sui bilanci delle famiglie più povere, fino alla ventilata ipotesi che debbano essere gli italiani a farsi carico dell’acquisto dello straripante debito pubblico in ragione di una rinnovata fiducia nelle capacità del paese.
C’è stata una presa di distanza dal fascismo e da derive come la xenofobia, da parte della leader di un partito che però, hanno sottolineato le opposizioni, ha comunque conservato la fiamma del Movimento Sociale nel simbolo, ma Meloni non ha fatto alcun accenno alla Resistenza, mentre per quanto riguarda l’immigrazione la Premier ha prospettato un piano d’investimento in Africa, che ricorda le teorie della Lega prima maniera, e non è mancata la gaffe, quando ha datodel “tu” all’unico deputato di colore presente nell’emiciclo.
L’impressione è che nell’intervento Meloni, che non ha concesso margini di manovra all’opposizione, abbia da una parte cercato di accontentare gli irrequieti alleati, concedendo spazio ad alcune bandiere, dall’altra però abbia fatto capire che non si può tirare troppo la corda, dicendo chiaramente che certe richieste, vista la situazione del paese, andranno per il momento accantonate.
Meloni, che in queste ore ha avuto anche una telefonata con il presidente Usa Joe Biden, “sottolineando le forti relazioni tra Stati Uniti e Italia e la volontà di lavorare insieme nell'ambito dell'alleanza atlantica per affrontare le sfide comuni", dovrà ora affrontare la discussione al Senato, dove, più che sul risultato del voto e sulle critiche dell’opposizione, dovrà guardarsi dagli interventi della sua maggioranza, e in particolare dalle parole di Silvio Berlusconi, che continua far pressioni per avere maggior spazio per i suoi all’interno del governo.
Il Cavaliere potrebbe lanciare qualche ultimatum alla neo Premier, anche per disinnescare una sorta di faida interna a Forza Italia (fra quelli che sono stati ribattezzati “ronzulliani” e i “governisti”), che sta addirittura mettendo in discussione il ruolo di coordinatore nazionale e neo ministro degli esteri, Antonio Tajani.
Alessandro Martegani