Per risistemare una misura che ha subito un richiamo da parte dell'Unione europea, il governo Meloni ha deciso di smontare l'assegno unico per i figli. Lo riporta il quotidiano italiano La Repubblica, spiegando che il piano per rivederla andrà nella prossima manovra, affidato alla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella, che successivamente passerà il dossier al ministero dell'Economia. L'idea è quella di tagliare l'assegno base da 57 euro a figlio, che ad oggi va alle famiglie che non presentano l'Isee o ne hanno uno troppo alto, sopra i 45mila euro, spostando più risorse alle famiglie molto numerose, con disabili, con una storia di lavoro radicata in Italia. Inoltre, come accaduto con il reddito di cittadinanza, dovrebbe anche cambiare il nome. In che modo il governo giustifica questo intervento? Sostenendo che l'assegno unico presenta delle criticità, come la presenza di "avanzi" di bilancio, la rinuncia del beneficio da parte di alcune famiglie e la procedura di infrazione europea per la discriminazione dei lavoratori stranieri. Oltre la cancellazione degli assegni familiari, detrazioni e vecchi bonus per 14 miliardi e l'aggiunta di 6 miliardi, l'assegno pesa anche sul bilancio dello Stato 20 miliardi strutturali e si rivaluta in base all'inflazione. Quest'anno in particolare vale il 5,4% in più dello scorso anno, da un minimo di 57 euro a un massimo di 200 euro al mese per un minore, con maggiorazioni a figli non autosufficienti e disabili, e mamme lavoratrici. Nel primo anno di erogazione, il 2022, la spesa è stata di 13 miliardi, mentre lo scorso anno è salita a 18 miliardi.
B.Ž.