A Capodistria ha suscitato una levata di scudi l'ipotesi lanciata dal comune di voler vendere palazzo Belli, uno degli edifici più rappresentativi in città del periodo tardo rinascimentale. Nazionalizzato dopo la seconda guerra mondiale, fu trasformato in condominio con 14 appartamenti. Da tre anni gli inquilini sono stati fatti trasferire in altre abitazioni, ma è da molti anni che palazzo Belli necessita di un'opera di restauro. Il partito Levica-Sinistra, del quale fa parte anche la vicesindaco Maja Tašner Vatovec, ha annunciato di adoperarsi affinchè il comune eviti l'opzione della vendita. "In passato abbiamo avuto esempi in cui stabili di interesse storico sono stati ceduti a privati e dopo anni di incuria è stato necessario demolire gli edifici al posto dei quali sono sorti condomini moderni" si legge in un comunicato della sezione capodistriana di Levica, che auspica pertanto un cambio di rotta politico e culturale che porti a una maggiore considerazione e tutela del patrimonio storico-architettonico locale.
Viste le reazioni sui social, il sindaco Bržan si è sentito in dovere di precisare che anche lui si augura tempi migliori per palazzo Belli, ma che "ora bisogna indivuare la via più opportuna". Va letta in questo contesto, scrive ancora Bržan, l'iniziativa di provvedere alla stima del valore dell'immobile. Da più parti la municipalità viene sollecitata a investire di più nella tutela del patrimonio storico, facendo leva anche sui bandi nazionali e internazionali. I Belli, arrivati da Venezia nel Trecento, diedero a Capodistria una serie di intellettuali, come il commediografo Ottonello e il diplomatico Giulio; religiosi come Marco fondatore del locale convento dei frati cappuccini, e pubblici amministratori. Come Nicolò de Belli, podestà di Capodistria agli inizi del secolo scorso, con la cui morte nel 1942, l'antico casato si estinse per parte maschile.
Alberto Cernaz