Dopo l’intensa giornata politica di giovedì, con l’avviamento dell’iter parlamentare per il riconoscimento della Palestina e un bilancio dai toni trionfalistici del proprio mandato da parte dell’esecutivo, il Partito democratico sloveno ha cercato di riportare il dibattito politico sull’attualità e di spostarlo in parlamento. Nella richiesta per la convocazione di una sessione straordinaria della Camera di Stato, i democratici hanno tentato di rimettere la palla nel campo della maggioranza partendo proprio dal loro programma elettorale che, secondo loro, è stato in gran parte disatteso. Secondo Janša, il lavoro del governo su sanità, gestione della migrazione e sistema salariale nel settore pubblico è stato disastroso. Tre temi spinosi e delicati, a dire il vero problematici per l’attuale esecutivo così come per tutti quelli che l’hanno preceduto. Nel dettaglio, Janša si è scagliato anche contro la costituzione di nuovi ministeri, che hanno portato alla creazione di oltre 1000 nuovi posti nella macchina amministrativa del paese, senza però migliorare l’operatività governativa. Inevitabile poi un passaggio sul riconoscimento della Palestina, che secondo il leader dell’opposizione serve solo a raccogliere qualche consenso elettorale e non risolve i molti problemi del paese di cui nessuno si occupa. Pronta la risposta di Golob, che come prevedibile ha respinto tutte le accuse, puntando il dito soprattutto sulle disastrose condizioni economiche che il paese attraversava quando si è insediato il suo governo. Fra i successi il premier ha rivendicato l’aumento della pensione minima garantita a 750 euro, e l’aumento del salario minimo a livelli record, due dati cui aggiungere quelli relativi a crescita economica e disoccupazione, fra i migliori in Europa secondo Golob. Sulla Palestina ha ribadito il concetto della soluzione a due Stati, e con sempre maggiore convinzione Golob ha poi parlato delle riforme strutturali in cantiere, per le quali vede la necessità di completare due mandati. Un dibattito fiume che si concluderà però senza con alcun voto, poiché la proposta di votazione è stata già respinta giovedì sera dal comitato direttivo della Camera di Stato.
Valerio Fabbri