Non esiste una valida alternativa all'allargamento dell'Europa ai Balcani occidentali. Né per questi paesi si intravede all'orizzonte un percorso di crescita migliore che non sia quello all'interno dell'Unione europea. Sono queste le parole che Pahor ha utilizzato nel suo discorso introduttivo per descrivere la cornice dentro la quale inserire non solo lo sviluppo regionale, ma anche i diversi percorsi dei paesi dei Balcani occidentali che ancora non fanno parte delle istituzioni euro-atlantiche. Per farlo l'ex presidente ha raccolto intorno a sé le numerose personalità con le quali ha condiviso un pezzo di strada per accompagnare i Balcani verso un futuro migliore. Ma l'occasione è stata quella buona anche per incalzare l'Unione europea a fare di più, chiedendo di impegnarsi con un cronoprogramma ufficiale per coinvolgere tutte le parti in causa. E sulla stessa falsariga sono stati anche gli interventi degli altri relatori. L'ex presidente della Bulgaria Rosen Plevneliev ha messo in guardia anche dai giochi di potere di cui, a volte, è vittima la regione, in seguito ai quali emergono le tensioni sociali, economiche e religiose. E a confermarlo c'è stata anche la voce qualificata dell'inglese Catherine Ashton, che da responsabile della politica estera dell'Ue si spese molto in questa direzione, ma senza successo.
Oltre a cercare di garantire migliori condizioni per i giovani, che molto spesso lasciano il proprio paese in cerca di un futuro migliore, uno dei rischi maggiori è il nazionalismo, che è anche il principale ostacolo all'Europa unita. Che anche per questo ha perso la sua forza attrattiva, come ha notato l'ex presidente serbo Boris Tadić, ed è in debito di credibilità.
Valerio Fabbri