Il periodo che va dal 1988 al 1992 è stato contrassegnato da una serie di passaggi fondamentali per la Slovenia e per il suo futuro democratico. E all'interno di questa prospettiva va inserita la regolamentazione delle comunità nazionali autoctone, dapprima nella cornice dell'allora repubblica socialista slovena, e poi nella nuova costituzione dello Stato indipendente. Un intenso lavoro normativo e legislativo durante il quale sono stati affrontati temi cruciali per la convivenza democratica, che sono ancora d'attualità. L'ex deputato al seggio specifico della minoranza ungherese, Laszlo Göncz, ha ripercorso quegli anni storici in un libro presentato all'Istituto per le questioni etniche, la cui casa editrice lo ha dato anche alle stampe. Per Göncz si tratta di un testo ai limiti dell'autobiografia, per il suo ruolo fondamentale nella vita delle organizzazioni autonome della comunità nazionale ungherese, così come delle relazioni bilaterali tra Slovenia e Ungheria. Göncz ha ripercorso quel periodo tramite le fonti primarie, come i verbali della Camera di Stato, e nel libro ha dato voce anche all'atteggiamento della comunità ungherese nei confronti dell'indipendenza slovena. È così che sono emersi sentimenti di partecipazione e solidarietà, che hanno permesso di dar vita a comuni etnicamente misti di grande vivacità, quali Murska Sobota e Lendava, mentre nelle realtà più periferiche del Prekmurje la stabilizzazione della convivenza democratica è stata più lenta. Non solo luci comunque, anche se le ombre sono relegate in particolare alle inefficienze delle comunità autogestite, quali ad esempio la mancanza di un meccanismo di controllo nell'autogoverno locale. Problemi di 30 anni fa che suonano molto attuali. Perché concetti come inclusione, integrazione e cooperazione sono i punti cardinali che hanno guidato le minoranze nel processo di indipendenza e che valgono ancora oggi.
Valerio Fabbri