A cavallo fra il XIX e il XX secolo quasi un terzo della popolazione dell'attuale Slovenia decise di lasciare la propria terra per trasferirsi stabilmente in diversi paesi del mondo. Alcuni viaggiavano avanti e indietro per garantire la sopravvivenza, a volte il benessere della famiglia rimasti a casa. Il libro "Daring Dreams of the Future: Slovenian Mass Migrations 1870-1945" racconta queste storie, richiamandosi ai versi del poeta sloveno Oton Župančič, quando parla di "audaci sogni del futuro". Le persone che se ne andarono portarono con sé ricette, fisarmoniche, vestiti, ricordi, ma soprattutto amore per la loro cultura e lingua, allora diffusa tra Vienna e Venezia, come spiega uno degli autori, lo storico triestino-sloveno Aleksej Kalc: "in questo libro abbiamo cercato di abbracciare la storia dei movimenti migratori dalla seconda metà dell'800 fino alla Seconda guerra mondiale, in un'area che noi definiamo territorio etnico sloveno. Gli sloveni di quell'epoca non si concepivano, come accade oggi, come parte di un territorio nazionale. Oggi siamo abituati a una percezione di Slovenia, dove il territorio nazionale coincide con quella dello Stato sloveno".
Migrazioni che poi hanno iniziato a far parte della quotidianità e nel libro sono viste attraverso un approccio interdisciplinare con gli occhi di chi, quelle migrazioni, le ha vissute, all'estero alla ricerca di lavoro e fortuna o in patria in attesa degli aiuti. Fenomeni e storie che risalgono a oltre cento anni fa, ma che sono molto attuali. Ancora Kalc: "ci sono delle caratteristiche costanti dei fenomeni migratori, che valgono in tutte le epoche, anche se poi ogni epoca ha le sue specificità. Oggi siamo testimoni di migrazioni determinate dalle guerre, ma anche dai cambiamenti climatici. E con le innovazioni tecnologiche assistiamo alla mobilità umana che diventa sempre più presente e sempre più incisiva".
Valerio Fabbri