L'ambasciatrice di Berlino in Slovenia, Silvye Groenick, mentre legge la sua dichiarazione ai media; a sinistra la viceambsciatrice britannica, Helen Teasdale; il rappresentante del ministero degli Esteri sloveno, Marko Rakovec; un diplomatico dell'ambasciata polacca, presidente di turno dell'Unione europea. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
L'ambasciatrice di Berlino in Slovenia, Silvye Groenick, mentre legge la sua dichiarazione ai media; a sinistra la viceambsciatrice britannica, Helen Teasdale; il rappresentante del ministero degli Esteri sloveno, Marko Rakovec; un diplomatico dell'ambasciata polacca, presidente di turno dell'Unione europea. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria

Ricordare le vittime del fanatismo razziale omicida è un dovere morale, perché non vogliamo né dobbiamo dimenticare ciò che è accaduto. Sono parole decise quelle dell'ambasciatrice tedesca in Slovenia, Sylvia Groenick, pronunciate in sloveno davanti alle pietre d'inciampo della centralissima via Štefanova, a Lubiana, dove si sono dati appuntamento anche la vice ambasciatrice britannica Helen Teasdale, e il rappresentante del ministero degli Esteri Marko Rakovec, delegato sloveno all'Associazione internazionale per la memoria dell'Olocausto (IHRA), presieduto in questo 2025 da Londra.
Teasdale ha detto che le pietre d'inciampo sono un monumento che fa parte della nostra quotidianità, spesso sottovalutato, proprio perché ci ricordano ogni giorno che in quei luoghi dove si trovano vivevano famiglie e persone poi deporate.
Rakovec ha tenuto a ricordare, oltre agli ebrei, gli oltre 2000 internati sloveni ad Auschiwtz, più di 1200 dei quali non fecero ritorno, un numero che è dieci volte superiore, se si considerano i cittadini sloveni prigionieri nei vari campi di concentramento e che lì hanno perso la vita. Le pietre d'inciampo servono a ricordare che simili orrori non devono più accadere, ha detto ancora Rakovec.
Nei giorni scorsi anche il governo aveva celebrato il ricordo della Giornata della Memoria. Il premier, Robert Golob, aveva inaugurato una mostra itinerante dedicata ai bambini rapiti e poi internati durante la guerra, curata dal museo di Storia Contemporanea di Celje e ospitata ora in nel liceo classico di Kranj. Secondo Golob, quegli sguardi non devono essere dimenticati, nonostante siano trascorsi 80 anni, perché si riflettono negli sguardi dei bambini feriti, rapiti e sfollati in Ucraina, a Gaza e altre zone di guerra in tutto il mondo.

Valerio Fabbri

Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
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