In contrasto col Trattato di Pace di Parigi, il Golfo di Trieste “ospita due porti nucleari militari di transito, a Trieste e Capodistria”, le cui realtà urbane “rendono impossibile una vera prevenzione dei fallout radioattivi, causati da incidenti alle centrali nucleari delle navi, dalla presenza di armi di distruzione di massa o dalla possibilità di un attacco militare”.
Lo afferma in una lettera inviata al sindaco di Capodistria Aleš Bržan e alla presidente del Porto, Nevenka Kržan, da Alessandro Capuzzo esponente della Tavola Pace del Friuli Venezia Giulia.
Nella lettera Capuzzo esprime “preoccupazione per le minacce nucleari emerse nell'ambito dei conflitti in Ucraina e Palestina”, ricordando come sia Trieste sia Capodistria siano scalo di navi e sommergibili a propulsione nucleare, “che potrebbero avere ordigni nucleari a bordo”, e la presenza da Aviano di una base nucleare americana. “La presenza di armi nucleari a bordo delle navi - ha sottolineato - comunque è segreta, e i reattori nucleari militari non sono tenuti a osservare le norme di sicurezza degli impianti civili”, nascondendo così, spiega i possibili pericoli alla popolazione.
Di recente è stato chiesto al Prefetto di Trieste “di attualizzare i Piani di emergenza esistenti e di divulgarli alla popolazione”, ha detto Capuzzo, ceh ha chiesto formalmente anche alle autorità di Capodistria di “conoscere i Piani di emergenza nucleare militare relativi al Porto, nonché i criteri e le modalità di informazione alla popolazione sul rischio inerente la presenza di naviglio nucleare, e quali siano le misure da adottare in caso di incidente attentato o atto bellico che si dovesse verificare”.
La Tavola della Pace ha ricordato anche gli incidenti avvenuti nel mondo con il coinvolgimento anche di mezzi a propulsione nucleare: il 15 novembre 2002 un sottomarino nucleare americano si scontrò con una nave gasiera vuota al largo del rigassificatore di Barcellona; nel 1975 l'incrociatore Belknap con testate nucleari a bordo, entrò in collisione con la portaerei Kennedy nello Ionio e prese fuoco. Mentre nel 1972 diversi tank di petrolio scoppiarono per un attentato all’Oleodotto Siot di Dolina, il più grande del Mediterraneo.
Alessandro Martegani