A 30 anni dalla fine della guerra Fredda nel mondo sono tornate le guerre calde, dall'invasione russa dell'Ucraina all'attacco di Hamas in Israele, con l'inevitabile conseguenza di un disordine internazionale che si dispiega sotto i nostri occhi tutti i giorni. Donald Trump si inserisce in questo contesto come personalità guidata da una prospettiva isolazionista e che quindi, inevitabilmente, richiama l'Europa a un maggior senso di responsabilità, a partire dalle spese per la difesa all'interno della Nato. Trump è un presidente che non ha paura di avviare una nuova guerra dei dazi contro la Cina, e che non mostra alcuna intenzione a indietreggiare di fronte al bellicismo medio-orientale. E' stato l'ex ministro Dimitrij Rupel a definire così il quadro internazionale dopo l'elezione di Donald Trump, e per farlo ha anche citato una frase di Amintore Fanfani, il pluriministro democrastiano che confessò a un giovane Rupel di pregare per Gorbachev come collante di un'Europa occidentale in difficoltà. Un paradosso che per certi versi vale ancora oggi, ha detto Rupel, perché adesso in crisi è l'Unione europea. L'ex ambasciatore Cerar ha invece sottolineato l'abilità di Trump a fornire risposte rassicuranti a un elettorato confuso non solo dalle difficoltà del mondo contemporaneo, ma anche da una candidata democratica senza un vero spessore politico. Secondo Peterle, infine, l'Europa deve avere un approccio più pragmatico e senza pregiudizio quando dialoga con gli Stati Uniti, deve andare oltre gli stereotipi e affrontare con maggiore consapevolezza la modernità, senza aver paura di dialogare con personaggi come Elon Musk, per evitare di rimare marginalizzata.
Valerio Fabbri