Un libro e una mostra fotografica per raccontare con le immagini che, a volte, valgono più di mille parole, soprattutto quando queste parole non bastano per narrare l’orrore vissuto in quel tragico luglio del 1995, quando nel cuore dei Balcani si è aperta una ferita profonda che ancora sanguina. Poche settimane fa, infatti, le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata internazionale di riflessione per il genocidio di Srebrenica anche con il voto a favore della Slovenia, suscitando reazioni rabbiose da parte della comunità serba in Bosnia, incluse le recenti ritorsioni per le elezioni europee. Lasciare tutto alla cronaca fa però perdere la prospettiva storica, per questo il Centro culturale musulmano della capitale ha organizzato una mostra, una presentazione pubblica di un libro-testimonianza e una serie di altri eventi, in collaborazione con il Comune di Lubiana come accade da 10 anni a questa parte, per commemorare quel massacro. In una sala conferenze piena di persone di ogni età, Nirha Efendić, curatrice al Museo Nazionale di Sarajevo e studiosa di etnologia, ha parlato del suo “Legame” (questa è la traduzione del titolo del libro, n.d.r.) con Srebrenica, una tragedia personale e familiare, con la perdita dei tre maschi di casa – il padre e due fratelli – uccisi dalle milizie serbe in quella maledetta estate di 29 anni fa, quando 8372 persone furono uccise. Efendić si è commossa quando ha raccontato che, durante la scrittura del libro-testimonianza, si è spesso domandata chi soffrisse di più, le persone che non ci sono più, o quelle che vivono nel tormento dei propri cari scomparsi in maniera tragica, nelle proprie case, dove nulla è come prima. Parole che hanno commosso il cuore di molte donne in sala, mogli, figlie, mamme di uomini chiamati martiri, šehid (shahid in arabo n.d.r.), come la canzone intonata ogni anno l’11 luglio a Srebrenica e riproposta in chiusura della presentazione del libro. E’ stato quindi il momento dell’inaugurazione formale della mostra fotografica, dove sono esposte 10 foto di 10 fotografi sloveni, attraverso i cui occhi viene presentata la tragedia di Srebrenica. Per tutti, sono bastate le emozionate ed emozionanti parole di Arne Hodalič, decano dei fotografi sloveni in prima linea, che ha spiegato come per lui sia stata una grande fortuna poter contribuire al ricordo e alla memoria del massacro di Srebrenica.
Valerio Fabbri