A Capodistria riprende vigore la polemica sulla nomina del vicesindaco italiano. La questione aveva tenuto lungamente banco dopo le scorse elezioni amministrative, quanto il primo cittadino, Aleš Bržan, non aveva voluto riconfermare Alberto Scheriani. Dopo un batti e ribatti l’incarico è stato assegnato a Mario Steffè, che, come ribadito ieri da Alberto Scheriani – nella sua veste di presidente della Comunità Autogestita Costiera - non ha ottenuto il "benestare" della Comunità Nazionale Italiana. All’epoca la CAN di Capodistria avrebbe voluto che fosse riconfermato proprio Alberto Scheriani, che per lunghi anni era stato uno dei numeri due del vecchio sindaco Boris Popovič, mentre la nuova coalizione che si andava formando era decisa a liberarsi di lui, tanto che si caldeggiava la nomina di Ondina Gregorich Diabaté, considerata vicina alla Sinistra. Le macchinazioni dei partiti nella questione della nomina del vicensindaco italiano erano state denunciate all’epoca e sono in state confermate in una recente lettera che la Sinistra ha mandato al sindaco, in cui, tra le varie accuse mosse, c’è anche quella di non aver rispettato l’accordo che c’era sulla nomina proprio del vicesindaco italiano.
Per Ondina Gregorich Diabatè però le polemiche di oggi sono strumentali: “Lo statuto prevede che il sindaco nomini e scelga i vicesindaci, compreso quello di lingua italiana, bisogna constatare che le cose sono state fatte secondo le regole. Quando la coalizione si è formata il sindaco ha sentito tutti i partiti, i consiglieri della minoranza ed anche il presidente della Can Comunale Fulvio Richter. Per quanto riguarda la lettera della Sinistra debbo dire che si sono espressi male. Io non ho fatto nessun accordo con loro. L’unica cosa che ho fatto è stata quella di sostenere Bržan al secondo turno, visto che dopo sedici anni di gestione Popovič ero a favore di un cambiamento. In questo sono stata sempre chiara, non ho fatto intrallazzi con la Sinistra. Io parlo sempre con tutti e sostengo quello che è giusto per la città e per la minoranza”.
Quindi lei non era il candidato della Sinistra per la carica di vicesindaco?
“No. Nemmeno lontanamente. Mia figlia si era candidata con loro, ma è adulta e vaccinata e fa quello che vuole”.
Nella lettera della Sinistra però si dice che sono stati disattesi gli accordi sulla questione del vicesindaco italiano. In ballo c’era lei.
“Forse questo era il desiderio della Sinistra, ma io accordi con loro non ne avevo”.
Lei ritiene che la nomina del vicesindaco italiano debba passare attraverso il consenso della Comunità Nazionale Italiana o il sindaco può fare di testa sua?
“Nell’attuale sistema è il sindaco che si sceglie uno tra i tre consiglieri, che sono comunque espressione dei connazionali. Il vicesindaco non può essere espressione della Comunità Autogestita, ma lo è invece dell’elettorato. Se si volesse scegliere direttamente il vicesindaco italiano bisognerebbe farlo mediante elezione diretta. Ovviamente sarebbe necessario cambiare lo statuto, ma così rappresenterebbe tutti gli italiani”.
Quindi la Comunità Autogestita non dovrebbe avere nessun ruolo?
“Certo che può averlo, ma la sua opinione conta quanto quella di chiunque altro. La sua funzione non è questa. Non c’è scritto da nessuna parte che essa decida sulla nomina del vicesindaco italiano”.
Stefano Lusa