D: Quali che chiavi di lettura di questo voto?
R: È un voto atteso. Le previsioni portavano tutte in questa direzione sia per quanto riguarda la vittoria di Marin Corva, per la presidenza della Giunta esecutiva di Unione Italiana sia per quello che riguarda la piuttosto scarsa affluenza. Proprio quest’ultimo è il dato principale, quello che deve preoccupare la dirigenza di Unione italiana.
D: Un’Unione Italiana che si arrabatta ancora tra mille polemiche. Forse la nuova dirigenza dovrà lavorare proprio per calmare gli animi?
R: Penso di sì, anche se lo stesso Tremul non è persona che ama il confronto polemico, che alle volte scade nel tentativo di squalificare l’altro. Lui è per il dialogo e Marin Corva dice che punterà proprio sul dialogo per ricucire lo strappo all’interno della Comunità nazionale italiana. Il voto del resto ha parlato chiaro: vedendo dove ha ottenuto consensi, Damiani conferma quello che si è visto negli ultimi quattro anni in sede di assemblea dell’Unione Italiana. Lui - che era l’anti Tremul, più che l’anti-Corva - ha vinto in quelle località che tendenzialmente erano all’opposizione: Rovigno, Salvore, Pisino, Lussinpiccolo, Torre, alla “Pasquale Besenghi” di Isola e via dicendo. Questo conferma la spaccatura esistente nel nostro territorio.
D: Toni accesi, anche sui social networks. Tremul, in qualche modo, colpevole di tutti i mali dell’Unione.
R: Fa comodo trovare un unico colpevole, forse per evitare le proprie responsabilità. Penso che invece ci sia una certa stanchezza nell’ambito della Comunità nazionale italiana che continua a produrre attività, cultura e altro ancora. A questo punto però forse, andrebbe rivista completamente la struttura dell’Unione Italiana e delle Comunità degli Italiani. Io credo che abbiamo partecipato al voto soprattutto i candidati, i loro parenti, gli amici che sono soci delle Comunità degli italiani e gli attivisti. Bisogna chiedersi dove sono gli altri?
D: Damiani è stato un po’ il coniglio tirato fuori dal cilindro e non venuto dalla tradizionale opposizione all’establishment di Unione Italiana. Senza di lui ci sarebbe stato un voto bulgaro.
R: Damiani aveva annunciato che se non fosse stato nominato direttore del Dramma Italiano si sarebbe candidato per la Giunta esecutiva. Per lui la vicenda del Dramma era emblematica per tutte le istituzioni della Comunità nazionale italiana. Io credo che Damiani abbia corso per sé, non sia stato il portavoce di qualcuno o l’espressione di una certa opposizione, ma poi man mano - visto che era l’unico in lizza contro Corva- è stato in grado di raccogliere i favori della opposizione silente. Io temo che in realtà il gioco fosse stato un altro e prevedeva la non partecipazione al voto che sarebbe andata a delegittimare l’Unione stessa.
D: In questo caso Damiani è stato quello che ha rovinato i piani.
R: Io penso di sì. Lui ha dato legittimità a questa corsa elettorale che altrimenti sarebbe stata scontata e avrebbe portato acqua al mulino di chi eventualmente mirava a delegittimare l’Unione Italiana. È strano che nessuno si sia voluto candidare contro Tremul. Non credo che tutti siano convinti che Tremul sia talmente imbattibile e forte tanto che non vale la pena di confrontarsi con lui. Non voglio nemmeno credere che abbiamo persone che non hanno il coraggio di affrontare il confronto, perché questo sarebbe ancora più grave.
D: Eppure Tremul non è stato mai così debole come in questo momento: usciva sconfitto dalle parlamentari, non sembra avere più tutto l’appoggio che aveva in passato dall’Italia.
R: Credo che non si posa fare il confronto con le elezioni in Slovenia o fare correlazioni con ciò che avviene in Italia. Tremul si è preparato a lungo per questa sua sfida perché lui si prepara sempre molto bene. Ritengo che abbia costruito man mano il consenso attorno di lui. Non era un candidato facile da battere, però ci voleva qualcuno che fosse altrettanto credibile e capace di intercettare soprattutto il malcontento e che fosse disposto a mettersi in gioco, perché accettare la sfida elettorale è una bella cosa.
D: Se Tremul le altre volte arrivava alle elezioni con alle spalle una buona collaborazione con l’Italia, questa volta ci è arrivato con dissidi fortissimi, soprattutto sulla questione dei finanziamenti sia con l’Università popolare sia con ambienti importanti che vanno anche al di là di Trieste.
R: Non so cosa succederà adesso, perché questi dissidi restano e resteranno. Forse la conseguenza la vedremo nei finanziamenti con eventuali tagli o vincoli ancora più stretti su quelle che si può e non si può fare. La gestione nei prossimi anni non sarà facile.
D: Damiani in campagna elettorale ha detto, in maniera alquanto diretta, che Corva sarà un burattino nelle mani di Tremul. Sarà una marionetta o giocherà un ruolo importante?
R: Sinceramente non lo so. Credo che Corva sia una persona abbastanza determinata che si pone degli obiettivi e li vuole raggiungere. Sicuramente non è conflittuale, non andrà a rivendicare le proprie competenze e prerogative con la forza, ma imporrà le sue idee in modo tutto sommato conciliante.
D; Damiani ha fatto la campagna elettorale citando due figure storiche come Borme e suo padre Alessandro Damiani. Sono quelli i paradigmi da cui deve ripartire la minoranza o sono solo espressione di un passato che oramai non c’è più?
R: Non sono una sostenitrice della rottura con il passato, ma dobbiamo far tesoro di esso e guardare alla realtà odierna e a quella di domani. Il mondo cambia con una velocità impressionante. Per certi aspetti ho l’impressione che noi siamo rimasti fermi alla seconda metà degli anni quaranta, quando si creavano i circoli italiani di cultura. Il mondo è cambiato, la mentalità è cambiata, le esigenze sono diverse. Certe cose possono andar bene anche oggi, ma non sono dei modelli che possono fare funzionare il mondo di oggi. La cultura resta senz’altro fondamentale per noi, ma ci debbono essere anche altre cose: se non creiamo posti di lavoro per i nostri ragazzi noi li perderemo.