Il problema forse è stato quello della tempistica, trovandoci in piena campagna elettorale, o i temi troppo scomodi che l’autore ha deciso di trattare, fatto sta che la seduta della Can di Pirano ha dato vita ad un dibattito che coinvolge il ruolo delle pubblicazioni della Can, in questo caso del Trillo piranese. Il foglio della Comunità autogestita della nazionalità italiana va inteso come un semplice dépliant promozionale o può dare luogo a critiche anche accese nei confronti della classe politica minoritaria? Secondo diversi consiglieri, tra i quali Onelio Bernetič il problema è la tempistica inquanto il commento dell’autore Andrej Rojec, collaboratore professionale della CAN di Pirano, è fuori luogo e vi sarebbero “i presupposti per l’interruzione del contratto di lavoro”. “Abbiamo le bocche cucite da troppo tempo e la CAN fa politica” è stato il commento di Nadia Zigante in difesa dell’articolo pubblicato sul Trillo. “Sono contento delle reazioni suscitate, vuol dire che è un articolo che ha fatto pensare le persone” ha spiegato Andrej Rojec aggiungendo che dovrebbe esserci più spazio per il giornalismo investigativo e dovrebbe esserci "molto più spazio per le persone ben informate che sono in grado di cogliere determinate sfaccettature che non sono di dominio solamente dei mass media della CNI”. Bernetič ha poi abbandonato la riunione. Andrej Rojec ha detto di aver scritto l’articolo incriminato in veste di libero cittadino, “ho semplicemente espresso quello che sento”, “il Trillo è un luogo ideale per esprimere la propria opinione” si è giustificato Rojec il quale si è pentito di non aver scritto di più. Il Presidente della CAN di Pirano Andrea Bartole, seppure preso di mira nell’articolo, ha sottolineato che non è il contenuto a essere problematico quanto la tempistica, siccome potrebbe essere interpretato come “di parte”. “Nel periodo di campagna elettorale bisogna stare molto attenti, il foglio è finanziato dalla CAN e io inquanto presidente oltre al caporedattore in veste di responsabile mi sono sentito in dovere di condividere questa mia opinione e sentire quella degli altri”. Bartole ha poi precisato che il Trillo esce ogni due mesi e non consente le un dibattito politico con risposte immediate e quindi con possibilità di replica limitate. Uno dei problemi, è stato inoltre rilevato è che la pubblicazione non permette un diritto di replica immediato. Kristjan Knez redattore responsabile del Trillo ha posto all’attenzione il problema se la pubblicazione della Can di Pirano può rappresentare uno spazio di riflessione o meno? “Abbiamo accettato questo contributo così come nel corso degli anni ne abbiamo accettatati altri, il Trillo è uno spazio libero di dialogo e di discussione nel quale vengono proposte le opinioni e le tesi più diverse e ce spazio per tutti” ha detto Knez ribadendo che le riflessioni di natura politica non sono state pubblicate per danneggiare o favorire qualcuno, ma "rientra nella politica redazionale del foglio che da spazio a tutti, come verrà dato a tutte le possibili repliche”.

Dionizij Botter



Titolo: Chi non voterò

La CNI che non vuole cambiare.

Andrej Rojec

Quali sono le occasioni in cui uno può esprimere una sua opinione o una sua posizione in ai politici che rappresentano la CNI in Slovenia? Domanda spinosa, scomoda. Imbarazzante? Cerco di chiarire le mie idee. La rappresentanza, specialmente quella di vertice, non vuole sentire pareri diversi dai suoi. Perché, cito: lei “lavora nel migliore dei modi”. È invece pronta ad “accogliere” idee e proposte. La mungitura rende più del pascolo: un gioco facile per trarre vantaggio personale da suggerimenti intelligenti senza dover nulla in cambio. Dopo il voto, dato a loro, non siamo più interessanti, però se vogliamo offrire nuovamente suggerimenti originali, sono pronti ad ascoltare ma in privato, naturalmente. Per non lasciar tracce: gestiranno la questione “lavorando bene” come solo loro sanno fare. In barba ai diritti d’autore. Nel periodo invernale a Pirano si è manifestata l’esigenza di diffondere più informazione ai connazionali, cercando di raggiungere anche i meno interessati. C’era il Videobar Casa Tartini, unico luogo d’incontro virtuale oltre all’ufficialità pubblicata sui media. Molti sono stati gli appelli alla collaborazione e alla condivisione. Numerosi i discorsi indirizzati alla risoluzione di questioni pratiche e di attualità. Sono affiorati pensieri critici rispetto alle posizioni imbarazzanti espresse dai nostri politici di alto “rango” (vedi l’esempio della mancata opportunità di aprire un dibattito pubblico sul Decreto riguardante il bilinguismo). Abbiamo sentito esponenti politici spendere minuti su minuti senza rispondere a semplici domande poste dai giornalisti. Dicendo tutto e il contrario di tutto. Un esempio, per restare dentro i muri di Casa Tartini, la domanda sul Videobar nato in Comunità “Giuseppe Tartini”, fatta da Stefano Lusa durante l’intervista del 18 febbraio scorso nella trasmissione Il vaso di Pandora. Ho provato grande fastidio nel sentire che non ci sarebbe stato più interesse per gli appuntamenti del Videobar e che d’altra parte era difficile gestire un così grande numero di partecipanti. Come è possibile che due affermazioni contraddittorie siano entrambe vere? O non c’è interesse e i partecipanti sono pochissimi o l’interesse c’è e i partecipanti sono molti. E allora, anche se non necessariamente, la gestione è effettivamente impegnativa. Ma da dove nascono la necessità e la volontà di aprire un dibattito in seno alla comunità piranese? Semplicemente siamo partiti dalla constatazione che manca il confronto sugli argomenti che toccano la sopravvivenza della CNI. Attraverso l’esercizio degli incontri virtuali stavano nascendo dibattiti anche di un certo livello con la partecipazione non soltanto di connazionali. Possiamo dire che in quell’occasione ci siamo resi conto che uno degli ostacoli maggiori alla condivisione e alla discussione di idee diverse è imputabile all’accumulo anche di cariche nelle singole persone che dirigono le nostre organizzazioni? Che esprimere giudizi oppure chiedere la compartecipazione degli altri potesse mettere in pericolo la gestione centralizzata e monopolizzata da un vertice? Condividere vuol dire entrare nel confronto democratico e riesaminare costantemente le proprie posizioni, le proprie condizioni. Condividere vuol dire ascoltare gli altri. Gli incontri virtuali avevano lo scopo di imparare a condividere per sentirci partecipi di una comunità, per sapere che potevamo dare il nostro contributo senza delegare ad altri il nostro destino. Per decidere con sicurezza bisogna essere informati. Ne è consapevole la Can costiera. “La squadra lavora bene”, tanto da comprare lo spazio su Obala Plus spendendo 23.826,60 euro per due pagine, già nel 2021, poco meno di 4.000,00 euro per due facciate. Da qui nasce la mia riflessione e la speranza che il sistema CNI abbia il coraggio di uscire allo scoperto e rigettare il conformismo, che impedisce di trovare volti e idee nuove, per ravvivare e rinnovare una rappresentanza che abbia come obiettivo unico il bene della comunità. In genere mi sento rispondere che certi problemi (i panni sporchi) si discutono all’interno. Forse discuterne in un ambito più ampio ci aiuterà a capire meglio come decidere in merito. Come ha detto la dr. Katja Hrobat Virloget nel suo saggio “Il silenzio della memoria”, è tempo di parlare apertamente anche dei dolori. Dovremo contribuire tutti e dare una spinta importante al cambiamento politico della CNI, per riuscire a farle prendere la strada della meritocrazia. Ad esempio: puntiamo su indicatori significativi e giriamo la schiena alle politiche del “contentin per tutti”. Perché chi pensa in piccolo e vuole la politica dei piccoli passi: sbaglia. Chi dice che siamo piccoli nel nostro piccolo: sbaglia. A dimostrarlo sono le attività culturali e non solo delle nostre CI e CAN comunali, ce n’è per tutti i “gusti”, vive sul territorio, e soprattutto per tutti i residenti. Dobbiamo parlare delle sfortunate conclusioni dello studio del Centro di ricerche scientifiche di Capodistria (CRSC) e dei maldestri tentativi di difesa di quelle loro tesi. Uno studio, un lavoro di ricerca, nel caso specifico questo del CRSC, può esplorare soltanto alcuni aspetti della realtà. Una realtà connotata soprattutto dal punto di vista sloveno, al di là delle dichiarazioni formali tipo “sono orgogliosa del bilinguismo della nostra regione” (Mihelič, Meridiani, TV Capodistria 7.3.22), ma di quale bilinguismo parliamo? Andrà bene agli sloveni, ma non sono loro chiamati a dare giudizi di merito, e nonostante il suo titolo nemmeno la dr. in scienze. Infatti con quanto dichiarato se ne frega altamente della nostra realtà, quella della cultura italiana, autoctona, di questo lembo dell’Istria verde. Lo fa esplicitamente nelle conclusioni, quando indica la necessità di confronto con le istituzioni della CNI: quest’ultime potranno liberamente scegliere tra il nome Istria slovena e Litorale sloveno. L’importante è che stia scritto “slovena” o “sloveno”. E noi, anzi loro, la squadra che lavora bene, cosa fanno? Approvano. La CAN Costiera diventa “le istituzioni della CNI”. I rappresentanti massimi hanno scelto così, per loro intima convinzione? O no? Perciò io non voterò per loro e per coloro che se li tengono “buoni”. La responsabilità ricade sulla nostra massima istituzione con sede a Capodistria, su chi nella politica non vuole fare né comunicazione, né informazione, né ricerca scientifica. Chi se non la CAN Costiera doveva capire qual era il reale sentimento della CNI, invocando la testimonianza della letteratura, della poesia, della musica, delle arti, del nostro patrimonio storico culturale delle nostre città e della scienza? Inoltre, a questo “studio” sono estranei i concetti di unitarietà e la storia s-nazionalizzatrice vissuta dagli italiani rimasti e continuata sui loro discendenti. Repetita iuvant: le istituzioni andavano coinvolte, consultate, spronate a produrre documenti e testimonianze. Basta citare l’ultimo fatto di cui siamo venuti a conoscenza: il consenso della presidenza della CAN costiera, dato dopo consultazione per corrispondenza avvenuta in luglio 2021 (addirittura contestata da qualche membro obiettivamente già in vacanza) al nome della nostra futura (probabile) regione o provincia, non più Istra-Istria. Il 5 ottobre 2021, i quattro sindaci della regione appoggiano l’opzione Slovenska Istra - Istria slovena, anche se in precedenza tutti avevano sostenuto l’altra. Non si conoscono i motivi di questo cambiamento. È probabile che lo “studio scientifico” del CRS di Capodistria abbia condizionato la nuova scelta. Questo studio, in un lungo discorso, trascurando fondamentali elementi storici sulla presenza italiana nel territorio, conclude come migliore opzione Slovenska Istra-Istria slovena in breve Istra-Istria. Nonostante lo studio sottolinei che la denominazione geografica contribuisce a creare e a consolidare l’identità dei suoi residenti nel territorio opta per l’aggettivo nazionale declinato in modo tale, con S maiuscola e non minuscola, che dovrebbe significare stato e non nazione. Per farla breve, io, e credo molti della nostra comunità nazionale abbiamo più di una difficoltà a riconoscerci in questa denominazione. Il dissenso è scoppiato e si è esteso. Non entro nella “scientificità” dello studio dello ZRS di Capodistria, ma mi dispiace per la mancanza di condivisione. Ci avete ignorato. Non ci avete dato l’opportunità di sentirci ancora Comunità. Non voterò per chi non ha saputo o voluto condividere. E anche se lo scrivo con dispiacere, trovo irrispettoso il comportamento di queste persone verso tutti coloro che si sentono eredi partecipi del patrimonio culturale e storico di queste terre. Le elezioni parlamentari, le prime in cui saremo messi alla prova, porteranno alla luce i limiti del pensiero piccolo di quelle persone che invece per prime dovrebbero cercare di pensare a tutta la comunità. Dobbiamo avere bene in mente che tra gli obiettivi della CNI non figura certamente quello di garantire la carega (carica perpetua o impiego che sia). Noi elettori siamo liberi di pensare ciò che vogliamo. Ben consci che dietro alle nostre scelte ci sta una serie di condizionamenti di natura psicologica, sociale e culturale, ognuno di noi forse non può contribuire a cambiare l’esito delle elezioni, ma può scegliere il modo in cui compira' l'azione d voto, riconoscendo alla propria colonta' un ruolo attivo, riprendendo una posizione libertaria.

Foto: Radio Capodistria/Dionizij Botter
Foto: Radio Capodistria/Dionizij Botter