Alle parlamentari del 5 luglio prossimo in Croazia, nell’ottava circoscrizione che comprende Regione istriana e parte del Quarnero, sulla Lista del Movimento patriottico di Miroslav Škoro ci sarà pure la connazionale fiumana Carla Konta. Storica e ricercatrice - con fresco di stampa un volume sulle politiche culturali statunitensi nella Jugoslavia ai tempi della Guerra Fredda – la Konta afferma di voler dare visibilità politica a una parte della CNI che non ha voce. Ecco come spiega le ragioni che l’hanno spinta a candidarsi.
"Innanzitutto, perché penso che molti ideali conservatori e liberal-conservatori manchino dalle agende dei partiti, addirittura di quelli che si richiamano a questa ideologia. Il primo motivo che mi ha spinto a candidarmi è stata proprio la volontà di contribuire, di mettere a disposizione la mia professionalità e il mio sapere per coprire queste lacune che bloccano la Croazia, le impediscono di crescere, svilupparsi e stare al passo con gli altri paesi europei. La seconda ragione è invece pertinente alla mia appartenenza alla minoranza italiana. Noi, dal 1992 siamo rappresentati al Sabor sempre dalla stessa persona - ovvero dall'onorevole Radin - che molto spesso viene immedesimato con la CNI, mentre la Comunità italiana ancor più spesso viene guardata e analizzata attraverso la sua persona. Penso che ciò non vada bene e che sia giunto il momento di dar spazio a nuove voci. E’ stata questa consapevolezza a motivarmi: c’è bisogno di cambiamento, c’è bisogno che anche di un’altra corrente sia visibile e percettibile sulla scena politica croata".
Tuttavia, lei non si candida per il seggio specifico ma sulla lista di una formazione politica. Come mai non ha pensato alla prima possibilità?
"In realtà per due ragioni. La prima e che io non sono così conosciuta all'interno dell’arena politica della minoranza e questo richiederebbe molto sforzo e anche - dal punto di vista della preparazione- un periodo molto più lungo. La seconda è che ho avuto l’invito a essere candidata indipendente e quindi questo mi permette di avere un margine d'azione più ampio, voglio dire non sono strettamente legata al partito di Škoro. Dall'altra parte condivido numerosi ideali politici del Movimento. Quelli concernenti la famiglia, al libero mercato, al patriottismo sono valori che mi contraddistinguono e che io sostengo fermamente. L’amore per la patria per me è quello che nutro per l’Italia e per la Croazia, perché qui sono nata. Un doppio sentimento che non è in contraddizione, l’amore per l’una non esclude quello per l’altra. Far parte della lista di una formazione che adesso è la terza forza politica in Croazia inoltre da una certa visibilità e un margine di azione che può superare quello dell’essere rappresentante della minoranza".
Il Movimento patriottico e lo stesso Škoro non sono comunque molto ben disposti nei confronti dei gruppi etnici e delle minoranze in genere. Lei come intende operare?
"Quando sono stata invitata a far parte della lista, il Movimento ha visto e accolto come una ricchezza, la mia appartenenza alla Comunità nazionale italiana. Posso dire anche in seguito alle varie discussioni e incontri avuti su questi temi, che Škoro e la sua coalizione non sono contrari alle minoranze ma all'élite clientelare che le rappresenta. Le critiche sono rivolte dunque ai rappresentanti dei gruppi nazionali che guardano ai propri interessi personali e a quelli della propria élite. Furio Radin è allo stesso posto da ormai 28 anni. Ormai si sarebbe dovuto rendere conto che la sua missione, il suo mandato andrebbe concluso e che ci sono tante persone di valore e capaci che potrebbero sostituirlo. Nessuno è indispensabile, ma tutti siamo utili. Dunque, nei vari incontri che ho avuto il problema evidenziato è stato proprio quello di avere lasciato le minoranze in mano a persone che le sfruttano per i propri scopi politici e non fanno gli interessi dei gruppi nazionali che invece sono molto importanti perché fanno parte del tessuto della nazione, contribuiscono - in Istria, Slavonia o in altre aree -al progresso e alla ricchezza culturale del paese".
Anche se in Croazia non c’è il diritto al doppio voto, le minoranze in genere, e pure la Comunità italiana, sono percepite come un bacino elettorale del centro-sinistra. C’e’ spazio per le formazioni di centro -destra o di destra?
"Questo è un problema che trae origine dalle contingenze storiche che abbiamo vissuto. Siamo una minoranza che -parlando dell’Istria e di Fiume- è stata prima maggioranza, che ha subito l’esodo con migliaia e migliaia di persone che hanno scelto di andarsene per varie ragioni, ma in primo luogo perché non sopportavano la vita all’interno di un regime socialista. Invece chi è rimasto- almeno dal mio punto di vista, come storica, analizzando le fonti e anche diversi studi - ha dovuto, in un modo o nell’altro, riappacificarsi con il contesto politico che c'era. Quindi penso che ci siano state all’interno della CNI due posizioni: o l’astensionismo politico, quindi non voglio occuparmene e non m’interessa, oppure l’approdo nelle file del partito e quindi una sorta di adattamento al sistema politico che- non entro nel merito- può esser stato cosciente o incosciente. Qui devo però dire che la Comunità nazionale italiana si è avvantaggiata molto all’interno della Croazia libera e indipendente, c’è stato un salto di qualità proprio nello status delle scuole e delle altre nostre istituzioni e quindi anche noi dobbiamo imparare ad apprezzare il cambiamento avvenuto negli anni ‘90".
Il periodo jugoslavo è argomento comunque del suo lavoro di ricerca. Recentemente ha pubblicato un libro sulle politiche culturali americane nella Jugoslavia ai tempi della Guerra Fredda.
"Sì, il lavoro, in inglese, è stato pubblicato dalla Manchester University Press e ne sono molto fiera perché è una casa editrice inglese prestigiosa a livello internazionale. Il libro s’inserisce all'interno della storiografia jugoslava e dei rapporti con gli Stati Uniti e contribuisce a dimostrare le aperture avute da un regime dittatoriale e a partito unico nei confronti degli USA. Tra il 1950 al 1970, periodo che ho preso in esame, si sono intensificati i rapporti economici, gli scambi di tecnologie e di sapere, quelli culturali che hanno aperto delle crepe e sono stati motrici di un percorso di liberalizzazione. Una ricerca non semplice su un argomento ancora oggi spinoso e che agita gli animi, ma che ho realizzato con obiettività e senza un particolare coinvolgimento emotivo personale che invece ci sarebbe stato se avessi deciso di analizzare le vicende dell’esodo".
Con quale coinvolgimento emotivo si sta preparando invece alle elezioni del 5 luglio prossimo?
"Come persona sono molto pragmatica anche perché ho una famiglia grande che va gestita bene ed io spesso mi definisco la manager di casa. Voglio continuare ad essere autentica ed affrontare la vita -che spesso ci presenta problemi e difficoltà- con ottimismo. Se abbiamo spirito e la voglia di fare del bene, di cambiare le cose in meglio allora possiamo avere successo. Sono queste le linee guida con le quali voglio arrivare al 5 luglio".
Lionella Pausin Acquavita