Dovrebbe iniziare il 13 maggio prossimo in Croazia la raccolta di firme per un referendum teso a modificare in profondità la legge elettorale. I promotori dell'iniziativa referendaria puntano, tra le altre cose, a ridimensionare fortemente il ruolo delle competenze dei deputati delle minoranze nazionali.
Seppure con un pizzico d'imbarazzo le forze politiche che vanno per la maggiore si stanno, almeno ufficialmente, distanziando in Croazia dal referendum propositivo sulla legislazione elettorale preannunciato dall'Iniziativa civica "Il popolo decide". Eppure l'opposizione all'iniziativa referendaria dovrebbe essere corale, netta e categorica.
Siamo difatti al cospetto di una proposta che si prefigge di modificare in profondità la legge elettorale e in particolare di colpire i diritti delle minoranze. Infatti l'idea dei promotori del referendum, tutti esponenti della destra conservatrice, è quella di ridurre a 120 il numero dei deputati del Sabor e di conseguenza di portare da otto a sei il numero dei parlamentari delle minoranze. Una missione quest'ultima impossibile senza intaccare i diritti acquisiti di singole comunità nazionali. Ma nell'ambito dei quesiti proposti da "Il popolo decide" c'è uno forse ancora più pernicioso, quello che punta a impedire ai deputati delle etnie la possibilità di votare la fiducia al governo ed anche quella di esprimere il proprio voto sulla Legge finanziaria. In altri termini si vuole ridurre la rappresentanza parlamentare delle etnie a puro folclore. Tra le altre disposizioni previste dall'iniziativa referendaria, alcune a prima vista sembrano voler democratizzare il sistema elettorale, come ad esempio l'idea di introdurre tre voti preferenziali per ridimensionare lo strapotere delle segreterie dei partiti nella definizione delle liste elettorali e impedire di fatto le coalizioni preelettorali, Ma anche questa è una proposta con una serie di controindicazioni, tra le quali la principale è che porta acqua al mulino del populismo, un "morbo" già fin troppo presente sulla scena politica, non soltanto croata. Per fermare la deriva populista, la segreta speranza delle forze politiche più responsabili è che i promotori dell'iniziativa non riescano a raccogliere un numero sufficiente di firme o in ultima analisi che a bloccare le parti più controverse della stessa sia la Corte costituzionale.
Mentre i politici sono piuttosto parchi in fatto di giudizi sull'iniziativa referendaria, gli analisti dei principali quotidiani e portali si sbizzarriscono in valutazioni sulla portata delle proposte.
Sostenuti qua e là dal giudizio di qualche esperto giuridico, in genere abbastanza favorevole all'iniziativa. Gli editorialisti in genere, sia quelli che propendono verso la destra che quelli chiaramente di sinistra, hanno messo finora il dito sulle diverse piaghe della proposta referendaria, tra cui quella macroscopica, relativa al ridimensionamento del ruolo dei deputati delle minoranze, senza che vengano di pari passo toccate le prerogative dei parlamentari della diaspora. Il bello è che gli analisti che gravitano nell'area di centrosinistra sarebbero in ultima analisi anche disposti a tollerare il ridimensionamento dei deputati minoritari se lo stesso criterio venisse applicato a quelli della diaspora. Eletti peraltro, questi ultimi, da un corpo elettorale che non paga le tasse in Croazia. Ma l'Iniziativa civica "Il popolo decide" ha previsto tutto il necessario, compreso il voto per corrispondenza e quello elettronico, per favorire gli elettori croati all'estero, probabilmente per il fatto che questi tradizionalmente votano per l'HDZ e in genere per la destra. Forse questo è l'unico punto della proposta referendaria di cui è chiaro l'indirizzo politico. Per il resto c'è il pericolo che la stessa possa fare breccia in fasce più ampie dell'elettorato, a prescindere dalle simpatie ideologiche, visto che già in passato la sinistra aveva tentato di rivedere modalità di elezione e prerogative dei deputati minoritari.
La raccolta di firme, come è noto, dovrebbe iniziare il 13 maggio e concludersi il 27. I leader partitici che contano, come detto, difficilmente potranno appoggiare la raccolta sul campo delle sottoscrizioni. Ma in una situazione in cui in tutte le maggiori forze politiche c'è maretta interna, non c'è da escludere che l'iniziativa sotto sotto ottenga un certo sostegno trasversale. Per motivi magari che con le etnie non hanno nulla a che vedere: ma alla fine le vittime collaterali principali sarebbero proprio le minoranze. Come dire, nulla di nuovo da queste parti.