"Il nostro nome è Trotta. La nostra casata è originaria di Sipolje, in Slovenia. Casata, dico: perché noi non siamo una famiglia. Sipolje non esiste più, da tempo, ormai". Inizia così "La Cripta dei Cappuccini", uno degli ultimi e più fortunati romanzi dell'austriaco Joseph Roth, scritto nel 1938: un potente, nostalgico affresco dell'impero asburgico, che rappresentava (nota lo scrittore) "qualcosa di più grande, più vasto, più nobile che non una semplice patria". La parabola di un giovane brillante e ricco che nella Vienna degli anni precedenti la prima guerra mondiale conduce una vita dissipata e senza pensieri, finché il proclama di Francesco Giuseppe che nel 1914 annuncia il conflitto segna il principio della fine.
Un uomo sovrastato dagli eventi, che brancola come un naufrago in un mondo mitteleuropeo sconquassato, circondato da una galleria di amici dissoluti, di avventurieri, madri tiranne, mogli e fidanzate ambigue, nobili falliti, mentre già si profila sullo sfondo l'avvento del nazismo.
Una storia che adesso arriva a teatro con lo spettacolo omonimo "La Cripta dei Cappuccini", al debutto stasera al Teatro Verdi di Gorizia in prima assoluta: una produzione siglata Mittelfest, che vede la regia di Giacomo Pedini - direttore artistico della rassegna cividalese - con Natalino Balasso nel ruolo di protagonista in un cast di dieci attori. "Mettere in scena il romanzo di Roth, per la prima volta in Italia, è una sfida molto appassionante", ha spiegato il regista. Perché l'Europa di cento anni fa e quei personaggi non sono così tanto lontani da noi.
Lo spettacolo, con sovratitoli in sloveno e inglese, fa parte di una trilogia, "Inabili alla morte", commissionata a Mittelfest dalla Regione Friuli Venezia Giulia per GO!2025 Capitale europea della cultura: un progetto - realizzato insieme al Teatro nazionale sloveno di Nova Gorica - che si dispiega fino a novembre del prossimo anno, a cavallo tra le due città, con rappresentazioni in entrambe le lingue.