Dopo avere accettato, all'inizio del marzo scorso, le richieste avanzate dall'amministrazione Trump, che aveva tagliato 400 milioni di dollari di fondi federali, la Columbia University ha fatto marcia indietro. Seguendo quanto deciso da Harvard, l'ateneo ha affermato che non permetterà al Governo federale di chiedere di abbandonare la propria indipendenza e l'autonomia.

Foto: Reuters
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In un comunicato giunto dodici ore dopo la presa di posizione di Harvard a non piegarsi alle richieste dell'amministrazione, a cui ha fatto seguito il congelamento da parte di Washington di 2,2 miliardi di dollari in fondi di ricerca, la Presidente pro-tempore di Columbia Shipman ha dichiarato di avere letto con grande interesse le parole del suo omologo di Harvard Garber, aggiungendo che Columbia respingerà l'ingerenza pesante da parte del Governo che potrebbe danneggiare l'istituzione e minare riforme che ha definito utili. Shipman ha affermato inoltre che qualsiasi accordo in cui i funzionari federali dettassero cosa insegnare, cosa ricercare o chi assumere sarebbe inaccettabile. Trump, dal canto suo, ha minacciato di togliere ad Harvard lo status di esenzione dalle tasse aggiungendo che l'università dovrebbe chiedere scusa. Assieme alla Columbia, l'amministrazione ha rinfacciato agli atenei di tutto il Paese di avere favorito le proteste pro-palestinesi definendole anti-americane e antisemite, ha accusato gli atenei di insegnare il marxismo e l'ideologia della sinistra radicale, e promesso di chiudere tutte le garanzie e i contratti degli atenei che non accetteranno le richieste federali. Anche il Presidente di Princeton Eisgruber e quello di Stanford Levin hanno reso noto che le due università che loro rappresentano sostengono a pieno titolo Harvard e Columbia.

Franco de Stefani