Per la prima volta la risposta russa ai limiti di prezzo, ovvero il price cup imposto sul petrolio e i prodotti petroliferi, introdotti dall'Occidente in seguito all'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca, si è trasformata in un divieto di vendita vero e proprio. Il divieto di forniture di petrolio al di sotto del prezzo massimo entra in vigore il primo febbraio 2023 ed è valido fino al primo luglio del 2024. La data per lo stop ai prodotti petroliferi sarà decisa dal governo di Mosca. Il decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin è un segnale forte all'Unione Europea, al G7 e all'Australia che hanno introdotto un prezzo massimo di 60 dollari al barile sul petrolio russo dal 5 dicembre, in aggiunta all'embargo dell'Ue sulle importazioni di greggio russo via mare e analoghi impegni adottati da parte di Stati Uniti, Canada, Giappone e Gran Bretagna. Putin ha annunciato che il decreto vieta le vendite di petrolio e prodotti petroliferi ai paesi che aderiscono al price cap e alle società che ne richiedono l'osservanza. Il decreto produrrà effetti che stanno già determinando conseguenze a livello geopolitico, con alcuni Stati pronti a "sfilarsi" dal meccanismo. Dal canto suo la Russia, secondo produttore al mondo di petrolio, può permettersi di non vendere il petrolio a chi ha sottoscritto le restrizioni. E ci sarebbero le prove che ha già trovato il modo per aggirare i divieti. Trasferendo partite di greggio russo a compagnie indiane che poi sbarcano nel Mediterraneo, rendendo altamente arduo risalire all'origine dell'oro nero.
Corrado Cimador