Le federazioni rinunciano a sostenere i diritti LGBT dopo le minacce della Fifa, ma giocatori iraniani sfidano Teheran non cantando l’inno. Solo le due facce della “partita dei diritti”, Inghilterra – Iran.
Dopo le posizioni contro i diritti LGBT da parte governo del Qatar e i silenzi della Fifa, alcuni capitani delle nazionali, come il capocannoniere dei mondiali del 2018, il centravanti dell’Inghilterra Harry Kane, il portiere della Germania Manuel Neuer, il leader del Galles Gareth Bale, o quello dei Paesi Bassi Virgil van Dijk, avevano annunciato di voler indossare la fascia da capitano con i colori dell’arcobaleno e la scritta “One love”, aderendo alla campagna a sostegno dei diritti Lgbtq+ che otto nazionali europee (Inghilterra, Germania, Belgio, Francia, Galles, Svizzera, Danimarca e Norvegia), avevano iniziato già dal 2020. Sulla fascia c’è un cuore arcobaleno e il numero uno: c’è un solo unico amore. Un messaggio a cui non avevano aderito Spagna e Portogallo, mentre l’Italia non era stata coinvolta.
Da mesi i giocatori chiedevano di poter indossare le fasce arcobaleno anche ai Mondiali in Qatar, un paese dove le coppie dello stesso sesso sono considerate illegali e che ha nominato ambasciatore del Mondiale l’ex calciatore Khakid Salman, che aveva definito l’omosessualità “un disturbo mentale”, ma la Fifa non aveva mai risposto, fino a poche ore prima le partite di esordio, quando ha ipotizzando prima delle multe, poi, quando giocatori come Kane e Neuer e le stesse squadre si erano detti disposti a pagare le sanzioni, ha minacciato di ammonire i capitani che avessero aderito alla protesta, pregiudicandone le presenze con l’avanzare della competizione.
La giustificazione del divieto addotta dalla Fifa è che sono ammesse solo fasce ufficiali, ma di fatto ha impedito la dimostrazione, e anche le federazioni hanno piegato la testa: prima l’Olanda, e poi, a poche ore dalle partite, le altre squadre hanno rinunciato per non far squalificare i propri capitani. "Non possiamo metterle i nostri capitani in una posizione in cui potrebbero subire ammonizioni e quindi abbiamo chiesto di non indossarle", si legge nella dichiarazione congiunta delle federazioni, che si sono dette però "molto frustrate" dalla decisione "senza precedenti" della Fifa.
Quella per i diritti LGBT non è però l’unica battaglia che è andata in scena in Qatar: accanto alla questione dei diritti delle migliaia di operai morti durante la costruzione degli stadi, c’è stata anche la coraggiosa protesta dei giocatori dell’Iran, che, nonostante i rischi di ritorsione da parte del regime, non hanno cantato l’inno nazionale prima della partita d’esordio con l’Inghilterra. Hanno ascoltato la musica in silenzio, con le mani sulle spalle dei compagni, per protestare contro la violenta repressione delle manifestazioni, che hanno attraversato il paese del Medio Oriente, da parte di Teheran, ottenendo il sostegno del pubblico e dei tifosi iraniani che avevano inneggiato Masha Amini, la giovane uccisa dalla polizia iraniana dopo l'arresto con l'accusa di non aver indossato il velo correttamente. "Noi giocatori stiamo dalla parte di chi ha perso la vita, - ha detto Ehsan Hajsafi, capitano dell’Iran -: dobbiamo accettare il fatto che le condizioni attuali in Iran non sono giuste e il nostro popolo non è contento”.
Alessandro Martegani