La Divina Commedia, la grande opera di Dante Alighieri, come summa della cultura e del pensiero medievale: chi di noi non conosce questa definizione? E però, cosa significa esattamente? O meglio, quali sono le fonti dantesche, i precedenti a cui Dante si ispira, di quali letture, di quali libri si è materialmente nutrita la composizione del suo straordinario poema? Prova ora a rispondere a questa domanda non semplice una mostra, "La biblioteca di Dante", realizzata dall'Accademia dei Lincei, la più blasonata istituzione culturale d'Italia, che accoglie l'esposizione nella sua sede di Palazzo Corsini, a Roma, fino al 16 gennaio. Per la prima volta vengono riunite tutte le opere che Dante cita esplicitamente: una biblioteca dantesca, dunque, documentata ma non "fisica", visto che i libri appartenuti o sicuramente letti dal poeta non sono arrivati fino a noi, come nessun altro oggetto del resto che Dante abbia posseduto o una riga scritta di suo pugno. Oltre settanta i codici in mostra, in gran parte del Due e Trecento, provenienti dalle maggiori collezioni italiane e internazionali, 'tesori' come il manoscritto miniato della Biblioteca Nazionale di Roma con i testi profetici di Gioacchino da Fiore, "il calavrese abate" immortalato da Dante nel Paradiso. E poi i codici fiorentini del fondo duecentesco della biblioteca di Santa Croce, il convento che forse ospitò la prima formazione dell'Alighieri, tra cui un antichissimo commento di Virgilio o la Consolatio philosophiae di Boezio, un classico della filosofia medievale che Dante ricorda come una delle sue letture fondamentali dopo la morte dell'amata Beatrice. Tra un canzoniere della lirica trobadorica, un manoscritto del Roman de la rose e l'Etica di Aristotele spunta anche il Lancillotto: ossia il libro "galeotto" dell'episodio di Paolo e Francesca, che ha suggerito al poeta l'immagine del bacio più celebre e più struggente della letteratura italiana.

Il Ritratto di Dante di Luca Signorelli, affresco, Duomo di Orvieto (1500 - 1504)
Il Ritratto di Dante di Luca Signorelli, affresco, Duomo di Orvieto (1500 - 1504)