Una mostra sulla Capodistria medievale allestita in questo periodo al Museo regionale riporta all'attenzione un documento di straordinario valore: una copia del più antico statuto della città giunto fino a noi. Lo statuto del 1380, come ritenne anche lo storico Pietro Kandler, che lo visionò a metà Ottocento, o più verosimilmente la versione del 1423. Del manoscritto, 154 fogli di pergamena vergati in latino, l'esposizione presenta solo alcune immagini, anche perché l'originale si trova all'Archivio di Stato di Venezia, come tutto il restante materiale dell'Archivio municipale di Capodistria, trasferito nel 1944 nella città lagunare a seguito degli eventi bellici e tornato accessibile agli studiosi da pochissimo (2017).
In verità non c'era neppure la certezza che il codice si fosse conservato, ha raccontato in un incontro al museo Darko Darovec, storico medievista capodistriano a cui si deve la riscoperta dello statuto quattrocentesco, fondamento dell'autonomia comunale in età veneta. Ora sarà possibile confrontare questa redazione del documento con una copia coeva custodita all'Archivio di Stato di Fiume, ma in precedenza nella Biblioteca civica di Parenzo. Del manoscritto parentino-fiumano è disponibile anche un'edizione a stampa, pubblicata dall'Archivio regionale di Capodistria e dal Centro di ricerche storiche di Rovigno nel 1993 a cura di Lujo Margetić, autorevole storico del diritto. C'è il progetto di realizzare un facsimile di entrambi, sulla scorta di quanto già fatto in passato, aggiunge Darovec, per gli statuti della vicina Isola. Sia l'Archivio di Stato di Venezia che quello di Fiume sono pronti a collaborare. Ma per il professore (ordinario all'università di Maribor e ricercatore alla Ca' Foscari di Venezia) resta la 'spina' di quelle carte capodistriane da lungo tempo lontane dalla città. Il posto dell'Archivio municipale, sostiene, è qui, dove i documenti oltretutto verrebbero certamente più consultati dagli studiosi.
E sull'annoso problema dei beni culturali istriani spostati in Italia durante il secondo conflitto mondiale per proteggerli dai rischi della guerra e mai ritornati nei luoghi di origine, si è pronunciato anche il presidente della Società storica del Litorale, Salvator Žitko. Che sottolinea con forza: "Per l'Italia la faccenda si direbbe chiusa: i quadri al Museo Sartorio di Trieste, l'archivio capodistriano dalla Biblioteca Marciana all'Archivio di Stato di Venezia. Ma in un'Europa in cui i confini sono caduti, e visti i buoni rapporti fra i due Paesi, il rispetto del principio della provenienza di questi oggetti e di queste opere è non più solo una questione giuridica, è ormai una questione morale".