Cabina e cuffietta. La traduzione simultanea come la conosciamo oggi, parte integrante di un qualsiasi evento internazionale o delle interviste con ospiti stranieri in televisione, nasce con il processo di Norimberga, quello che fra il 1945 e il 1946 portò alla sbarra i gerarchi del regime nazista e si concluse con la condanna a morte per impiccagione di dodici imputati. Durante il processo, infatti, bisognava risolvere i numerosi problemi di multilinguismo del tribunale, e garantire a tutti di capire quello che stava succedendo e le testimonianze rese. A farsi carico di questo delicato compito furono un centinaio di interpreti, che si alternarono nel corso degli undici mesi e delle 405 deposizioni del processo, traducendo in simultanea nelle quattro lingue parlate da giudici, testimoni, imputati, rappresentanti dell'accusa e della difesa: inglese, francese, russo e tedesco. Uno sforzo enorme e un'operazione pionieristica, se si considera la tecnologia ancora rudimentale a disposizione, messa a punto dall'Ibm.
Racconta tutto questo, portando alla luce le biografie dei traduttori protagonisti, reclutati nell'intera Europa, la mostra "Un processo - quattro lingue", allestita alla Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste a cura dell'ateneo triestino (sede di una nota e prestigiosa Scuola interpreti) e di associazioni professionali internazionali (compresa quella slovena). L'esposizione è multilingue (con testi in italiano, sloveno, inglese e tedesco) e visitabile fino al 17 marzo, accompagnata da alcuni incontri di approfondimento.