"Sono felice di amarti, di amarti perdutamente, di amarti senza sosta, di amarti unicamente, di amarti totalmente, di amarti umilmente, segretamente, di vantarmi di amarti come amano gli angeli e come amerebbe il diavolo, di amarti, di amarti, di amarti non so più come ...
Sii felice.
Uccidimi, ma sii felice".
Così il poeta Giuseppe Ungaretti scriveva alla italo-brasiliana Bruna Bianco, il suo ultimo amore. Un colpo di fulmine, una grande passione, per entrambi, malgrado la fortissima differenza di età, 78 anni lui, 26 lei. Si erano conosciuti nel 1966. Ungaretti si trovava in Brasile per un ciclo di conferenze. La giovane donna lo avvicina per consegnargli alcune sue poesie. "Sei comparsa al portone / in un vestito rosso / per dirmi che sei fuoco / che consuma e riaccende" , dirà Ungaretti nei suoi versi.
Le 'Lettere a Bruna', che la destinataria ha custodito gelosamente per cinquant'anni, prima di affidare l'epistolario alla casa editrice Mondadori, sono quasi quattrocento.
Raccontano di un amore che durerà fino alla morte di Ungaretti, nel 1970, e illuminano la figura di un grande maestro della poesia del Novecento non solo italiana ma europea. Lo spiega bene il critico Luigi Tassoni, che cura la rubrica di Radio Capodistria 'Leggio'."Queste lettere sono un viaggio nell'entusiasmo vitale dell'Ungaretti ottantenne. Anzi, testimoniano una volta di più della grande vitalità di cui il poeta parla a Bruna. Le lettere nascono anche a causa della lontananza, perché i due non possono vedersi a stretto giro: sappiamo quanto l'Italia allora fosse distante dal Brasile. Dunque Ungaretti parla, sempre con toni innocentemente entusiastici, delle sue letture trionfali tenute in Europa e negli Stati Uniti. Sono quelli anche gli anni del mancato premio Nobel per la Letteratura, che molto dispiacque a Ungaretti e che senza dubbio lo avrebbe meritato, lui, uno dei più grandi poeti europei di tutti i tempi. E ricordo anche, come ricorda nelle 'Lettere' lo stesso Ungaretti, l'innocente partecipazione al '68 dei giovani. È il famoso slogan inventato dal poeta e che i giovani del '68 fecero proprio in seguito alla nomina a senatore a vita di Eugenio Montale "Se Montale è senatore, Ungaretti fa all'amore". Dunque abbiamo veramente alle soglie della morte di Ungaretti, che scompare nel giugno del 1970, un documento importante, anche del dietro le quinte della scrittura poetica ungarettiana".
Ornella Rossetto