Il 13 ottobre 1822 moriva a Venezia Antonio Canova, nato a Possagno dove riposa nel Tempio che fece costruire come dono alla sua comunità, e dove si visita la sua celebre Gypsoteca.
Celebrato dai contemporanei come il nuovo Fidia, a lui si devono le più belle statue neoclassiche d'Europa, realizzate per committenti eccellenti, dai Papi a Napoleone, dagli Asburgo ai Borbone e alla nobiltà russa. Opere che incantano oggi come ieri con la loro bellezza assoluta, marmi candidi e levigatissimi magicamente percorsi da un palpito di vita. Ma non tutti, forse, sanno che sempre Canova fu colui che, su incarico della Santa Sede, nel 1815 riuscì attraverso una coraggiosa missione diplomatica a Parigi, a riportare in Italia le opere sottratte dai francesi. E anche di questo racconta la mostra "Io, Canova. Genio Europeo" con cui i Musei Civici di Bassano del Grappa, custodi di un preziosissimo fondo canoviano, fino al 26 febbraio rendono omaggio al maestro veneto nella ricorrenza del bicentenario della sua morte.
Un percorso espositivo in centocinquanta pezzi, tra sculture, dipinti, disegni, documenti, provenienti (anche) da importanti collezioni italiane ed europee, che accompagnano il pubblico dentro l'universo creativo dell'artista, capace di orientare il gusto di un'intera epoca, e sulle orme di Canova dall'Italia alle grandi corti d'Europa, protagonista straordinario del mondo culturale e politico del suo tempo.
Da capolavori come il marmo della "Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein", il grande gesso della "Religione" dei Musei Vaticani o l'imponente "Marte e Venere" realizzato per Giorgio IV d'Inghilterra alle molte opere che permettono di ricostruire il contesto in cui Canova visse e operò, fino alla "Maddalena giacente" che Canova completò poco prima della morte: un'opera riscoperta in Inghilterra dopo quasi due secoli ed ora esposta per la prima volta. Modellata a grandezza naturale, la scultura dialoga con un'altra figura distesa che fu molto ammirata dai contemporanei, l'"Endimione dormiente".