Lettere, appelli, persino installazioni pubbliche e altre forme di protesta rivolte ai ministri della cultura dei rispettivi Paesi, nel tentativo di sensibilizzare l'opinione pubblica e di far rientrare il provvedimento restrittivo. Nelle ultime ore in Italia si sono susseguite dichiarazioni di attori, registi e proprietari di sale cinematografiche e teatri che hanno messo in dubbio l’utilità di chiudere dei luoghi in cui, dalla riapertura avvenuta a giugno, non vi è mai stato alcun focolaio. Tra i più espliciti il regista Marco Bellocchio: »Neanche le bombe fermarono cinema e teatri, una sciagura chiuderli ora» - ha affermato nei giorni scorsi. Certo è vero: in questo momento è necessario prendere tutte le misure utili per ridurre la diffusione del contagio. Ma gli autori, gli esercenti di cinema e teatri non sono d'accordo, dicono che si viene a minacciare l'esistenza a lungo termine dei luoghi deputati alla fruizione culturale. In effetti da giugno, quando hanno riaperto, grazie a rigidi protocolli le sale di cinema e teatri non sono state un veicolo di contagio. Una misura d'altronde che manda in crisi i tanti lavoratori del mondo dello spettacolo, chi gestisce i luoghi di cultura e chi produce i contenuti. Una scelta dolorosa, non dettata da quesiti sulla sicurezza dei luoghi, ma utile a ridurre lo spostamento delle persone. Almeno finchè i dati sulla diffusione del virus sono in costante crescita.
(miro dellore)
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