"Sono sempre stato uno scrittore piuttosto appartato. Un po' per scelta, perché non ho il carattere di quelli a cui piace fare gruppo. E poi perché sono stato etichettato in fretta come scrittore conservatore". Così, alla vigilia della laurea ad honerem ricevuta con sua grande gioia nel 2007 dall'Università di Udine, raccontava in un'intervista al Piccolo di Trieste Carlo Sgorlon. Scrittore appartato, ma di grande successo: con i suoi romanzi sospesi fra la realtà e una fantasia che sconfina nella favola e nel mito ambientati quasi tutti nel suo Friuli, Sgorlon, che era nato a Cassacco nel 1930, ha fatto incetta di prestigiosi premi letterari, vincendo due volte il Campiello (con "Il trono di legno" e "La conchiglia di Anataj") e poi lo Strega (con "L'armata dei fiumi perduti"), il Flaiano, il Nonino, e tanti altri riconoscimenti. Autore prolifico, è stato tradotto nelle principali lingue, compreso il cinese. A dieci anni dalla morte, Udine lo ha onorato ieri con un convegno all'Università, mentre oggi gli studenti delle scuole superiori sono i protagonisti della terza edizione del Premio Carlo Sgorlon, manifestazione nata per ricordare uno scrittore ma anche un educatore, i cui scritti sono stati spesso pensati per il pubblico adolescente. E nel decennale della scomparsa esce anche un inedito, "Allarme sul Neckar" (Gaspari). Un romanzo giallo, un po' insolito rispetto al resto della sua produzione. Occasione per riavvicinarsi all'opera di uno scrittore solitario ma che raccontando storie e saghe della sua terra ha conquistato il cuore di tantissimi lettori.
Ornella Rossetto