Un E-book dell'editore italiano Ponte alle Grazie viene aggiornato man mano che la riflessione di Žižek sul contagio globale prosegue. L'ultimo capitolo – il nono – riflette sulla necessità di introdurre nel mondo un nuovo comunismo.
Una tesi non nuova questa del filosofo sloveno, portata in discussione già prima dello scoppio della crisi sanitaria, ma che ha ripreso consistenza nelle sue più recenti riflessioni sugli effetti dell'epidemia nell'esistenza degli individui, nei rapporti fra popolo e Stato, nelle relazioni internazionali. L'epidemia non solo ha messo a nudo i limiti del mercato globale, ma soprattutto quelli del populismo nazionalista, che professa la piena sovranità del singolo stato. Si è visto invece che la grave crisi a livello nazionale si può contenere e risolvere solo con il coordinamento e la collaborazione globale. “Non ci riferiamo qui al comunismo di una volta – scrive Slavoj Žižek – ma a una qualche sorta di organizzazione globale che possa controllare e regolare l’economia, come pure limitare la sovranità degli stati-nazione”. Secondo il filosofo, il contagio globale ha già fermato la frenesia del mercato, ha obbligato gli stati a intervenire massicciamente nell’economia, ha mostrato che per affrontare efficacemente l'emergenza gli abitanti di tutto il mondo – non solo i proletari – devono unirsi, condividere le scoperte, sincronizzare gli sforzi: sono obbligati, cioè, a trovare un forte senso di comunità. È il movimento contrario a quello che il mondo stava compiendo prima che la pandemia scoppiasse – spiega ancora Žižek – il mondo orientato alla ricerca dell’identità particolare, spesso nazionale, rivendicata come una priorità su tutto il resto, l’America first di Trump o il Prima gli italiani di Salvini che dir si voglia. L’umanità si trova ora ad un bivio: può scegliere la via della salvezza comune, oppure imboccare la strada dell’ognuno per sé, che causerebbe al contrario molti più morti, una nuova barbarie mondiale.
Miro Dellore