Nove mesi dopo l'incendio che ha devastato il campo profughi di Moria, sull'isola greca di Lesbo, gli annunciati lavori per la costruzione di una nuova struttura di accoglienza non sono ancora iniziati, e aumenta il rischio di arrivare nuovamente impreparati al prossimo inverno.
Lo scorso settembre il campo di Moria, divenuto tristemente noto per le difficili condizioni in cui erano costretti a vivere 12mila rifugiati era stato distrutto dalle fiamme, secondo le autorità greche appiccate da alcuni profughi che protestavano contro il lockdown anti-Covid precedentemente imposto.
Da allora migliaia di persone sono state spostate nel campo provvisorio di Kara Tepe, in condizioni ancora più estreme. A dicembre il governo di Atene aveva annunciato la costruzione di un nuovo campo su Lesbo dalla capacità di 5mila posti letto, ma nonostante il contributo dell'Unione europea, che ha stanziato 276 milioni di euro per rinnovare le strutture su cinque isole greche, i lavori - che dovevano terminare entro settembre - in realtà non sono ancora cominciati.
Numerose organizzazioni umanitarie continuano a denunciare la grave situazione umanitaria sulle isole greche nel mare Egeo di fronte alle coste della Turchia. Secondo “Medici senza frontiere” i tentativi di suicidio tra i rifugiati qui detenuti sono stati almeno 180 negli ultimi due anni.
Al momento sulle isole egee si trovano almeno 10.500 rifugiati e richiedenti asilo, provenienti soprattutto da Afghanistan, Siria e Somalia. Di questi, quasi il 10% sono minori non accompagnati.
Francesco Martino
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