Come il suo solito Janša non usa mezze misure e tira un parallelo diretto tra quello che accadde nel 2008 e quanto sta succedendo oggi. Anche all'epoca proprio lui si accingeva a prendere la guida del Consiglio d'Europa ed anche allora si levarono accuse su le sue mire autoritarie. La presidenza slovena venne dipinta come un “pericolo per l'Europa”, ma si dimostrò - precisa Janša- invece che Lubiana seppe lavorare per il bene di tutti. Adesso, dice il premier, in Patria le stesse persone puntano il dito su di noi, con l'aggravante che a dargli man forte ci sono anche funzionari dell'Unione europea. Le accuse alla Slovenia sono piovute dalla vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova e dai portavoce della commissione
Addebiti che per il premier sloveno sono senza fondamento e poggiano solo su speculazioni giornalistiche. Secondo Janša, la Slovenia ha problemi con la democrazia, questi però non derivano dalla sua azione di governo, ma bensì da una transizione non compiuta. Nella missiva il primo ministro tira in ballo la proprietà dei media, il loro atteggiamento nella lotta alla pandemia, per arrivare a denunciare tutta una serie di pressioni subite da giornalisti non allineati con la linea della stampa mainstream. Non mancano nemmeno frecciate al mondo accademico e alla magistratura.
Immediata levata di scudi nell'opposizione. I socialdemocratrici
hanno invitato il premier ad occuparsi della pandemia, a moderare i toni, ed hanno espresso preoccupazione per le sue lettere all'Europa. Per il Partito di Alenka Bratušek a parlare sarebbero i blocchi dei finanziamenti all'agenzia di stampa nazionale e lo stop alla nomina dei magistrati. Per la Sinistra è evidente che il conflitto nel paese non è tra destra e sinistra, ma tra autoritarismo e democrazia.
Stefano Lusa