Dai confini fra Croazia e Bosnia, il tema della gestione dei migranti arriva fino a Bruxelles dopo la visita dei quattro europarlamentari italiani del PD, Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Moretti e Pierfrancesco Majorino.
Dopo la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato illegittimi i respingimenti immediati dei migranti dall’Italia alla Slovenia, motivando la sentenza, fra le altre cose, anche con il pericolo che i migranti, riportati fino al confine con la Bosnia, subissero maltrattamenti e violazioni dei diritti umani, i quattro parlamentari, avevano cercato senza successo di raggiungere il confine fra Croazia e Bosnia.
Erano però stati bloccati dalla polizia Croata nella foresta di Bojna, senza poter raggiungere il confine, nonostante la missione ufficiale e gli interventi delle ambasciate. Le successive visite, al centro di accoglienza di Zagabria, e al campo di Lipa in Bosnia, avrebbero però confermato i racconti dei migranti, che parlano di maltrattanti e condizioni di vita inaccettabili per i profughi, evidenti in alcune foto scattate sul campo di Lipa: “Le condizioni in cui vivono più di un migliaio di persone nel campo profughi di Lipa sono disumane”, hanno detto gli europarlamentari. “Le tende sono poco riscaldate, l’acqua è scarsa e i servizi igienici limitati di numero: l’Europa non può consentire un simile trattamento contrario ai valori stessi su cui si fonda l’Unione”.
La reazione di Zagabria però non si è fatta attendere: il ministro dell'Interno Davor Božinović ha difeso l’operato della polizia croata, smentendo ancora una volta le accuse di violenze o violazioni dei diritti umani, e ribadito il diritto di difendere i confini. La missione dei quattro eurodeputati italiani, è stata definita “provocatoria” e “con l'ovvia intenzione di danneggiare la reputazione della Croazia”. Gli era stato detto in anticipo, ha spiegato, che “non avrebbero potuto attraversare la frontiera al di fuori dei valichi”. Nessuno, ha concluso può “entrare in Croazia dove l'ingresso non è consentito”.
“Siamo sorpresi dalle parole del ministro Božinović - hanno replicato i quattro parlamentari -: ci aspettavamo delle scuse per averci impedito di fare il nostro lavoro, non delle false accuse”.
Le reazioni arrivano però anche da Bruxelles dove “stupore” è stato espresso dal presidente dell’Europarlamento David Sassoli, mentre il “diritto e dovere” degli europarlamentari d’ispezionare la frontiera esterna dell’Unione, è stato ribadito dal gruppo dei Socialisti e Democratici, che ha annunciato una protesta con il governo croato e una segnalazione alla Commissione europea.
Del caso potrebbe occuparsi anche il Consiglio comunale di Trieste: i consiglieri di opposizione di Pd, Open FVG, Italia Viva e Cittadini hanno chiesto all’aula di discutere una mozione che chiede all’Amministrazione Comunale di intervenire, per quanto di sua competenza, in tema di respingimenti di persone richiedenti asilo provenienti dalla Rotta balcanica: “È infatti sul nostro confine, quello tra Italia e Slovenia, - affermano - che si consumano le cosiddette riammissioni informali, all’origine dei respingimenti a catena che riportano persone provate e stremate da mesi e spesso anni di cammino nell’inferno bosniaco ai confini con la Croazia. Trieste e chi la governa dimostrino di essere all’altezza delle tradizioni di civiltà che da sempre la caratterizzano”.
Dall’altra parte l’assessore regionale del Friuli Venezia Giulia Pierpaolo Roberti, della Lega, aveva apprezzato la presa di posizione del Dipartimento della Pubblica sicurezza in Italia “a tutela dell'onorabilità degli uomini e delle donne della Polizia di Stato che operano sul territorio regionale”. Il ministero dell’interno italiano giorni fa aveva infatti dichiarato “non fondata” la ricostruzione di un cittadino pachistano sui respingimenti in Slovenia, su cui è stata in parte basata la sentenza del Tribunale di Roma sulle riammissioni dei migranti.
Alessandro Martegani
Lionella Pausin Acquavita