Il presidente della repubblica, Borut Pahor ha condannato fermamente l'attacco della Russia all'Ucraina. "Questa è una grave violazione del diritto internazionale e dei principi delle Nazioni Unite per una risoluzione pacifica delle controversie", ha scritto su Twitter il capo dello stato che al contempo ha espresso solidarietà ai cittadini ucraini. Il premier Janez Janša ha condannato a sua volta, assieme agli alleati Nato e dell'Unione europea, l'aggressione militare senza precedenti lanciata dal presidente russo Vladimir Putin in Ucraina. "Il Cremlino deve ritirare le proprie truppe e rispettare pienamente l'integrità territoriale del vicino Paese", ha scritto in un primo Twitt a cui ha fatto seguito un'altra dichiarazione in cui chiede lo stabilimento di una no-fly zone sull'Ucraina e il rispetto del memorandum di Budapest del 1994. Si tratta del documento con il quale l'Ucraina accettava di smaltire l'enorme scorta di armi nucleari che aveva ereditato in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, aderendo al trattato di non proliferazione di tali armi. Le testate nucleari furono di conseguenza inviate in Russia per lo smantellamento. In cambio, l'Ucraina otteneva garanzie da Russia, Stati Uniti e Regno Unito, successivamente anche da Cina e Francia, per la sua sicurezza, indipendenza ed integrità territoriale. L'invasione russa, sottolinea Janša, rappresenta un tradimento che avrà enormi conseguenze geopolitiche, in quanto molti paesi cercheranno ora di sviluppare un proprio arsenale nucleare, non essendoci più argomenti reali che possano supportare il contrario. Il mondo è entrato in una guerra ibrida rileva infine il capo del governo sloveno, con conseguenze senza precedenti. Convocata una riunione d’urgenza del governo sugli ultimi sviluppi in Ucraina, la leader dei socialdemocratici Tanja Fajon sollecita un vertice politico sulla crisi.
Già nei giorni scorsi la Slovenia aveva espresso una forte opposizione alle iniziative russe, condannando la decisione di Putin di riconoscere l'indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass.
Delio Dessardo