"Lascio con il cuore pesante ma intatto" ha detto l'ormai ex ministro Gantz al termine di un incontro con la stampa presentando, insieme al suo partito una proposta di legge per lo scioglimento del parlamento. Le possibilità di successo però sono poche in quanto il partito nazionale Likud di Netanyahu detiene ancora la maggioranza, assieme agli alleati di estrema destra e ultraortodossi. Il Premier viene accusato da mesi di impedire che il Paese raggiunga la vittoria e a Tel Aviv sono state organizzate molte proteste e manifestazioni che lo esortano a lasciare l'incarico. In seguito alle dimissioni di Gantz, che non hanno sorpreso più di tanto, quasi immediata la reazione del Primo Ministro che ha dichiarato che non è questo il momento di abbondonare ma di unire invece le forze. "Israele è in una guerra esistenziale su più fronti" ha detto il Premier promettendo di andare avanti portando a termine tutti gli obiettivi prefissati mesi fa. Insieme a Gantz ha deciso di lasciare l'incarico anche Gadi Eisenkot il quale ricopriva il ruolo di osservatore: "nonostante gli sforzi non ci è stato consentito di prendere decisioni determinanti per il futuro di Israele" ha dichiarato in una lettera inviata al Premier. Itmar Ben Gvir, Ministro della sicurezza nazionale, che settimane fa aveva affermato di volersi ritirare per gli stessi motivi e perché riteneva che il piano di pace promosso da Biden non andasse attuato, ha chiesto adesso di entrare a far parte del Gabinetto e ha assicurato, in caso di lascia passare, di ottenere "una vera deterrenza e portare sicurezza ai residenti del Paese."
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