"Una distanza ancora troppo grande tra le parti" affermano diverse fonti. Israele procede diritto con l’intenzione, annunciata con fermezza nelle scorse settimane, di voler colpire Rafah, città a sud dell’enclave palestinese. “La vittoria totale su Hamas richiede per forza l’ingresso" ha Netanyahu. Gli USA però avvertono di non essere stati informati sul giorno esatto dell'eventuale colpo. Invitano alla cautela e propongono nuovamente una pausa temporanea di sei settimane nei combattimenti, il rilascio degli ostaggi tenuti dal movimento islamista nonché il ritorno parziale dei civili sfollati nel nord di Gaza. Hamas, in seguito alla minaccia sempre più imminente di Tel Aviv ha commentato la decisione del Premier sollevando dubbi sullo scopo della ripresa delle trattative: "il negoziato dipende dalla fine dell'aggressione contro il nostro popolo. Perché trattare a questo punto" hanno detto. Paura dunque per i civili, i quali stanno affrontando una situazione drammatica dal punto di vista sanitario e alimentare. Il bilancio delle vittime dall’inizio del conflitto aumenta a dismisura raggiungendo quota 33 mila. Continuano gli appelli per la pace ma sembrano rimanere inascoltati: in un articolo congiunto pubblicato su diversi quotidiani, i Capi di Stato di Francia, Egitto e Giordania hanno chiesto un cessate il fuoco immediato nella Striscia e una soluzione a due Stati, affermando che è l'unico modo per garantire pace e sicurezza per tutti nella regione. Hanno inoltre messo in guardia Israele delle “pericolose conseguenze” di un’offensiva a Rafah. “La guerra, la violenza e il terrorismo non portano da nessuna parte” hanno detto. La Turchia ha fatto sapere di aver imposto limiti alle esportazioni di numerosi beni verso Israele finché questo non cesserà i combattimenti.
Data la situazione, l’autorità autonoma palestinese auspica con ottimismo che la richiesta di adesione come membro a pieno titolo all’ONU venga accolta entro la fine del mese come riferito dal Consiglio di sicurezza, nonostante il timore che gli Stati Uniti e Israele pongano il veto.