Il dipartimento di Stato americano ha accusato Mosca di aver violato la Convenzione sulle armi chimiche, trattato internazionale che ne vieta il ricorso, usando la cloropicrina nel corso della guerra in Ucraina. Questo è un agente soffocante vietato dalla Convenzione: secondo Washington l'esercito russo l'avrebbe utilizzato in diverse occasioni per colpire i soldati ucraini e farli arretrare da posizioni fortificate, ottenendo vantaggi sul campo. Avrebbero inoltre usato gas lacrimogeni, simili a quelli usati dalla polizia antisommossa, come strumento di guerriglia, violando ulteriormente il Trattato. Non è tardata ad arrivare la secca risposta da parte del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha respinto con forza le illazioni americane denunciando a sua volta l'esercito ucraino. "Affermazioni odiose e infondate" ha detto Pescov e aggiunto che il suo Paese ha sempre rispettato e continua a rispettare gli obblighi ai sensi del diritto internazionale in materia di armi.
Il conflitto tra le due parti, nel frattempo, continua e non accenna a placarsi: colpita la regione di Kharkiv dove a rimanere feriti sono stati diversi minori, mentre a a Odessa è stata distrutta una filiale delle Poste con centinaia di pacchi contenenti medicinali, altri materiali di soccorso insieme a vestiti e generi di prima necessità. Zelensky intanto continua a chiedere maggiori aiuti e più rapidità nelle consegne avvertendo che il destino di Kiev è nelle mani degli alleati e che non c'è un piano B senza l'assistenza USA. Intanto, l'idea ventilata mesi fa da parte del Presidente francese Emmanuel Macron riguardo l'invio di truppe occidentali sul campo ucraino si fa sempre più concreta. In un'intervista al giornale The Economist ha dichiarato che l'invio di militari nel Paese invaso non è escluso se la Russia dovesse violare le linee del fronte e se Kiev ne facesse esplicita richiesta. Il Presidente francese ha sottolineato che respingere questa possibilità a priori sarebbe un errore, poiché non si trarrebbero lezioni dagli eventi degli ultimi due anni, durante i quali i Paesi della NATO hanno inviato supporto militare nonostante inizialmente escludessero tale opzione.