Da domani prima di abortire le donne ungheresi saranno obbligate a sentire il battito del feto. Una procedura resa obbligatoria da una nuova norma che secondo i suoi sostenitori presenterebbe alle pazienti la prova “chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto”. Una semplice ecografia che dovrebbe scoraggiarle a procedere, che è espressione della politica che Orbàn e il suo partito stanno portando avanti da anni volta a erodere alcuni dei diritti delle donne nel paese, in nome di una visione della famiglia amano definire “tradizionale”.
Nel paese l’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza è legale dagli anni Cinquanta dello scorso secolo. La legge prevede la possibilità di ricorrere all’aborto in quattro casi: gravidanza come conseguenza di un reato o violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con handicap fisico grave e situazione sociale difficile della donna.
Un diritto, quello all'interruzione di gravidanza, che fino a poco tempo fa veniva considerato acquisito e consolidato, ma che oggi si teme possa essere reso inerte. Amnesty International parla di “un preoccupante declino”, che di fatto renderà “più difficile l’accesso all’aborto” in Ungheria e che rappresenta una violenza inaudita sulle donne, i cui diritti in molti paesi dell’est Europa e non solo sembrano essere sempre più sotto attacco.
Barbara Costamagna