Non solo Evan Gershkovich, il cronista del Wall Street Journal che la settimana scorsa è stato condannato a 16 anni di detenzione dal tribunale distrettuale di Ekaterinburg. Il sistema giudiziario messo in piedi da Putin ha portato alla condanna di Alsu Kurmasheva, una giornalista russo-americana che lavorava per il servizio tataro-baschiro di Radio Free Europe/Radio Liberty, storica emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti a Praga nel 1950, per raggiungere i paesi d'oltrecortina.
Kurmasheva abitava e lavorava nella capitale della Repubblica Ceca, ma nel maggio dell'anno scorso era andata in Russia per motivi familiari. Il 2 giugno le autorità l'hanno fermata all'aeroporto di Kazan, la capitale della repubblica federale russa del Tatarstan, ritirandole entrambe i passaporti e multandola per non aver dichiarato di avere anche un passaporto statunitense, oltre a quello russo. Non potendo ripartire senza documenti, Kurmasheva è dovuta rimanere in Russia e il 18 ottobre è stata arrestata con l'accusa di non essersi registrata come "agente straniero", una formula che per la legge russa indica persone o organizzazioni che ricevono fondi dall'estero per svolgere attività antigovernativa, ma che di fatto viene usata per reprimere la libertà di stampa e non solo. Secondo le autorità russe, Kurmasheva avrebbe cercato di raccogliere informazioni relative ad attività militari russe per riferirle a fonti straniere, rappresentando quindi una potenziale minaccia alla sicurezza nazionale.
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina poi Putin ha reso ancora più stringenti e repressive le leggi sui giornali, nel tentativo di controllare l'informazione. La condanna è stata comunicata solo nella tarda serata di lunedì, ma era stata decisa venerdì scorso, lo stesso giorno in cui era stato condannato il giovane cronista del Wall Street Journal. Secondo alcuni analisti, questo potrebbe far pensare alla volontà del Cremlino di dar vita a uno scambio di prigionieri con la Casa Bianca.
Valerio Fabbri