Manifesti elettorali per le votazioni del 28 giugno scorso. Foto: Reuters
Manifesti elettorali per le votazioni del 28 giugno scorso. Foto: Reuters

Nel giorno in cui Teheran torna a minacciare Israele su Gaza, Pezeshkian ha affermato di essere riuscito a realizzare un “patto di fedeltà per l’Iran”. Dicasteri chiave come Difesa, Intelligence, Affari Esteri e Interno sono stati scelti accontentando tutti i centri di potere, cosa che non accadeva dal 2001, quando alla guida del paese c’era un altro riformista, Mohammad Khatami. La fiducia segna così una vittoria per Pezeshkian, politico di lungo corso arrivato alla presidenza dopo che il suo predecessore, l’ultra-conservatore Ebrahim Raisi, è morto improvvisamente in un incidente d'elicottero a maggio scorso. Ora sarà la guerra in Medioriente a concentrare gli sforzi diplomatici. Proprio ieri Teheran ha rilasciato una dichiarazione in cui ribadisce l'impegno a reagire contro Israele per l'assassinio avvenuto a Teheran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, "in tempi e modi" che coglieranno di sorpresa Israele, considerato da sempre nemico numero uno della teocrazia al potere. In qualità di ministro degli esteri è stato eletto Abbas Araghchi, diplomatico di carriera che fece parte del team di negoziazione sul patto sul nucleare, che ha già chiarito di non voler puntare sulla ripresa dell'accordo divenuto carta straccia nel 2018 per l'uscita degli Usa. Secondo lui, infatti, “l'Iran non potrà mai porre fine all'ostilità con gli Stati Uniti”.