Finora Tel Aviv non aveva mai attaccato direttamente i ribelli Houthi nello Yemen, un Paese distante quasi 1800 chilometri dalle sue coste. I raid aerei israeliani, secondo vari media arabi, sono stati condotti con caccia F-35 e hanno colpito, come ha rivendicato Israele, "obiettivi militari". Israele ritiene che il porto sia utilizzato dall'Iran per i rifornimenti di armi agli Houthi che negli ultimi mesi hanno inviato circa 200 missili e droni verso il territorio israeliano. Stando alle informazioni fornite dall'esercito di Israele e da alcune fonti in Yemen, gli attacchi hanno interessato una centrale elettrica e un deposito di petrolio e gas nella zona della città portuale di Hodeidah (o al Hudayda) sul mar Rosso. Il bombardamento ha prodotto un grande incendio con un'alta colonna di fumo visibile a chilometri di distanza. Secondo il ministero della Salute, sempre controllato dagli Houthi, l'attacco ha causato tre morti e il ferimento di almeno 80 persone, alcune con estese ustioni a causa del grande incendio.
Da tempo gli Houthi sostengono di effettuare attacchi contro Israele in segno di solidarietà e sostegno alla causa palestinese nella Striscia di Gaza. Negli ultimi mesi sia gli Houthi sia Hezbollah (gruppo armato libanese che come gli Houthi è alleato di Hamas e sostenuto dall'Iran) hanno intensificato gli attacchi contro Israele e contro obiettivi occidentali, in quelli che volta per volta hanno descritto come «atti di solidarietà» col popolo palestinese. In questo caso l'attacco a Tel Aviv era stato compiuto poche ore dopo l'uccisione da parte dell'esercito israeliano di un comandante di Hezbollah nel sud del Libano. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si è detto profondamente preoccupato per l'escalation, che rischia di incendiare ancora di più la regione, anche perché gli Houthi hanno reagito lanciando missili balistici verso il porto israeliano di Elat, colpendo la nave container staunitense Pumba.
Valerio Fabbri