Centinaia di carri armati italiani risalenti agli anni Sessanta da anni risultavano inutilizzati dall'esercito tricolore, così nel 2015, anche per motivi ambientali (i mezzi erano bloccati in vaste aree delle pianure del Nord del Paese), si è iniziato a smantellare i pezzi più vetusti, mentre quelli ancora validi sono stati offerti sul mercato.
Come spiega il quotidiano italiano "La Repubblica", un centinaio di carri armati Leopard, un po' a sorpresa, furono acquisiti nel 2016 dalla pacifica Svizzera e precisamente dalla azienda Ruag, che prevedeva di esportarli in America Latina.
La Ruag affidò così alle Officine Goriziane la preparazione di alcuni prototipi; un relitto bellico in soli 45 giorni veniva trasformato in una macchina da battaglia efficiente. Nel frattempo, però, i negoziati con il Brasile si sono arenati ed i mezzi sono rimasti chiusi nei capannoni goriziani, senza mai uscire dall'Italia, rimanendo nell'oblio per anni, fino all'invasione dell'Ucraina, che ha fatto decollare il valore dei tank di seconda mano, tanto che in Europa ci sono aziende che chiedono fino ad un milione e mezzo di euro per un cingolato di mezzo secolo fa.
Con i nuovi accordi tra la Germania e l'Ucraina, la Rheinmetall tedesca, d'accordo con il governo di Berlino, ha chiesto alla Ruag di poter acquistare 96 dei carri armati ex italiani per donarli a Kiev, nell'ambito di un programma congiunto tra Germania, Danimarca ed Olanda, per reperire almeno duecento Leopard da consegnare entro fine anno.
La Svizzera, a metà marzo, ha però detto no, perché non intende fornire armi ai due Stati belligeranti. Nel Paese elvetico però stanno aumentando le polemiche interne e le pressioni internazionali, tanto che qualche giorno fa la Commissione di Sicurezza di Berna ha approvato a maggioranza due disegni di legge per rendere possibili le forniture militari a chi si avvale del "diritto all'autodifesa".
Una soluzione alternativa sarebbe la restituzione all'Italia dei mezzi che non hanno comunque mai lasciato il Belpaese e sono stati ceduti come ferrivecchi e non mezzi da combattimento, così la Svizzera si libererebbe del problema e Kiev riceverebbe i rinforzi.
Davide Fifaco