In piena pandemia da coronavirus, quella tragedia ancora così sentita dalla popolazione ucraina e da quella dei territori colpiti direttamente dalla catastrofe, risuona oggi come una sorta di presagio. Nel senso che allora come oggi, pur nel quadro di una tragedia dagli effetti limitati essenzialmente all'Europa, tutta l'umanità si sentì spiazzata di fronte all'imprevisto. In occasione della tragedia di Chernobyl e in questi mesi di fronte al coronavirus, un'umanità orgogliosa dei propri mezzi tecnologici e scientifici si è trovata posta di fronte all'amara esperienza di vedere rapidamente crollare le proprie certezze e capacità. Per così dire 34 anni fa Chernobyl fu la prima sonora e dolente lezione d'umiltà ricevuta dall'homo tecnologicus. In seguito al disastro si stima che quasi 600 mila persone abbiano subito delle conseguenze e quasi 2 milioni di persone siano state costrette a trasferirsi. Le vittime ufficiali della tragedia di Chernobyl sono sottostimate, alcune centinaia come conseguenza diretta, ma va tenuto conto della conseguenze a lungo termine, delle malattie e dei decessi avvenuti a seguito dell'esposizione alle radiazioni. Si stima che le vittime ad oggi, siano almeno nove mila. A seguito dell'emergenza sanitaria globale quest'anno non si terrà la riunione annuale per commemorare le vittime del disastro nucleare. Non verrà svolta nemmeno la cerimonia in ricordo delle vittime al cimitero di Mitinskoe di Mosca. Chernobyl continua tuttavia a rappresentare un monito per l'umanità intera.
Miro Dellore